22 settembre - MARIA CARTA: il canto come cultura popolare e religiosità.

Maria Carta, (Siligo, 24 giugno 1934 – Roma, 22 settembre 1994) cantautrice e attrice italiana, durante la sua carriera ha ripercorso i molteplici aspetti della musica tradizionale sarda, in particolare del "cantu a chiterra", del repertorio popolare dei gosos, delle ninne nanne e del canto tradizionale religioso (canti gregoriani).

Ha saputo aggiornare la tradizione con arrangiamenti moderni e personali. Nel 1975 ha scritto un libro di poesie: "Canto Rituale".

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La sua fama è ormai internazionale, ma dalla seconda metà degli anni Ottanta alcuni eventi dolorosi segnano la sua vita. Muoiono la sorella e la madre e si trova di nuovo da sola, senza il padre di suo figlio:
«Io non credo che si possa sperimentare l’amore, il vero amore, senza rimanerne uccisi…l’amore vero, profondo, uccide perché finisce e finisce sempre da una parte sola. All’improvviso ti accorgi che il tuo cervello, per anni e anni, è stato inghiottito da uno sconosciuto. Un predone ha invaso la tua casa e ha portato via tutto, la tua vita di artista, la tua vita di donna. Ti senti saccheggiata, non hai più niente: vuota. …Se chi amo mi abbandona, se non mi permette più di amare, io perdo vita. E ho perso anche la forza di cantare».

La voce svanisce anche perché divorata dal cancro che «non era che l’ultima fase di una malattia che covavo dentro da anni, che mi aveva tolto la voglia di vivere e anche di cantare. Mi era sparita la voce, come inghiottita dall’angoscia. Da qualche anno vivevo in uno stato di abbandono, assente da me stessa, inerte. Per cantare, le poche volte che ci riuscivo, ricorrevo a pastiglie di cortisone: la voce altrimenti mi spariva da dentro la gola, non veniva fuori».

Resiste vincendo per alcuni anni la malattia, continua a cantare mettendo nella sua voce tutte le forze rimaste in corpo. Rimando ancora al libro di Emanuele Garau, Maria Carta, Edizioni Della Torre; per tutti i concerti e gli eventi che l’hanno coinvolta in quegli anni, descritti con rara intensità e accompagnati da toccanti riflessioni di Maria Carta sul dolore:
«la grazia si chiede in silenzio, di nascosto, e di nascosto dovrebbe arrivare. Io ho chiesto molto col mio mutismo: nelle difficoltà siamo sempre muti, non ci sono parole per esprimere il dolore».

Racconta un coraggio che nasce dal riuscire a tessere il tragico dentro di sé, dall’essere voce che libera altre voci. Quando inclina il viso verso la sfumata conclusione del suo canto rituale, le note di organo sono piccole luci che trascinano la sua voce in una scenografia di chelu e mare. Naviga la sua vita in una notte di settembre attraversando battiti e lacrime, corre, torna bambina avvolta dai colori della sua infanzia sarda, canta ancora in quel coro di avi ridendo in festa in un luogo dove la morte non esiste.

Fonti, risorse bibliografiche, siti
Grazie ad Antonio Carta della Fondazione Maria Carta di Sìligo per la preziosa disponibilità.

Emanuele Garau, Maria Carta, Cagliari, Edizioni Della Torre, 1998

Maria Carta, Canto rituale, Sassari, Fondazione Maria Carta, 2006

Francesca Bocchi, Maria Carta. Percorso culturale

Giacomo Serreli, Maria Carta, in Boghes e Sonos, 40 anni di musica extra colta in Sardegna, Cagliari, Scuola Sarda Editrice, 2003

Incontro con Maria Carta, Ottavia Salvador, Sardegna Digital Library.