Della vita non si fa mercato
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"Gli esseri umani non sono merce".
Con queste parole inizia il Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della CEI, in occasione della XXV Giornata per la Vita.
Basta seguire ciò che dai mass-media viene portato a nostra conoscenza per renderci conto che la vita umana viene troppo frequentemente considerata come una "cosa", come "merce" della quale fare commercio, fare lucro, fare… tutto tranne che considerarla come vita umana!
Nel corso dei secoli, come il Messaggio ci ricorda, agli uomini è già accaduto di essere stati considerati come delle cose, di cui poter fare ciò che si voleva. Basti ricordare la tratta degli schiavi, le persone vendute come se fossero oggetti e fatte vivere in ambienti malsani e poco igienici, peggio che se fossero stati degli animali.
Conosciamo, sempre dalla storia, lo sfruttamento del lavoro, quello soprattutto femminile e del bambino, lo sfruttamento, perpetuato per anni ed anni, senza una giusta retribuzione al lavoratore.
Conosciamo bene lo sfruttamento della donna, della sua persona e del suo corpo considerato e trattato come una "cosa" e non come umano, senza dignità e neppure rispetto del suo essere.
L'insegnamento di Gesù pone tutti gli uomini sullo stesso piano, a tutti riconosce la stessa dignità di persona umana. Lui, il Figlio di Dio che si fa uomo per salvare l'uomo, che si "abbassa" al nostro livello, Lui che avrebbe potuto essere re, come si intende sulla terra, mentre ha preferito esserlo per un Regno molto più importante e duraturo, il Regno dei Cieli.
L'insegnamento di Gesù di Nazareth sottolinea la dignità dell'essere umano e non permette che possano esserci delle distinzioni fra uomo ed uomo.
Leggiamo come "il progressivo riconoscimento dei diritti umani non ha estirpato completamente l'antica tendenza a considerare gli esseri umani come una semplice merce" (punto 1 del Messaggio).
Pur avanzando lo sviluppo della scienza e della tecnica, pur avendo raggiunto un alto livello di progresso rispetto al tempo passato, l'uomo, purtroppo, non è poi cambiato tanto. Ancora assistiamo a grossi dislivelli sociali, a nazioni che vivono nell'abbondanza e nel superfluo, mentre altre non hanno il minimo indispensabile per vivere, o meglio, per sopravvivere.
La vita donata in egual modo, a tutti gli uomini, dal Creatore, viene divisa in fasce diverse e tale divisione viene effettuata dall'uomo stesso, quasi come se lui, creatura creata, fosse il creatore ed il giudice della vita degli altri suoi simili.
La soppressione di vite non ancora nate, ancora nel grembo materno, è già indice di come la vita dell'uomo sia diventata "merce" della quale quasi disfarsi, se arriva in un momento poco opportuno e non consono alle aspettative del momento! Il commercio stesso degli organi, il commercio del corpo femminile considerato una "cosa" solo utile per soddisfare dei bisogni che non sono umani ma istintuali, sono indice di un regresso nell'avanzamento dello sviluppo sociale.
Lo sfruttamento, ancora oggi, del lavoro dei minori, dei lavoratori che vengono ancora sottopagati e devono sottostare a determinate condizioni dei loro datori di lavoro, se vogliono portare a casa qualcosa per i fabbisogni della propria famiglia, ci mettono davanti un quadro dell'umanità certamente poco felice e rassicurante. E così si potrebbe continuare ancora…
Il quadro, a dire il vero, non è molto diverso da quello di tanti anni fa.
L'uomo, la creatura prediletta dal Creatore, l'unica che Lui ha voluto per se stesso, è ridotto ad una merce da commercializzare.
Cosa ci dicono oggi i mass-media? Aborto, clonazione umana, manipolazione genetica, eutanasia…
Tutto questo non fa certo progredire la vita umana ma la rimanda indietro nel tempo, per quanto riguarda il suo sviluppo come persona capace di rispettare la dignità del proprio simile.
La vita dell'uomo è un dono, un dono gratuito del Signore della Vita. Essa è un dono che non ha eguali perché ci viene fatto per Amore, un Amore così grande da farsi Croce per salvare ciascuno di noi.
La vita è un dono fuori commercio.
E lo è perché non è "misurabile" il suo valore con i mezzi umani, perché è immenso.
E' fuori commercio perché è vita dell'uomo, è vita donata, è vita della creatura creata ad immagine e somiglianza del Creatore.
E' un dono fuori commercio perché non c'è un prezzo per ogni vita che il Signore dona, non c'è prezzo per ogni cuore che inizia a battere nel grembo materno, non c'è prezzo per un Amore così grande che ha voluto che si continuasse a perpetuare quell'immagine e somiglianza divina sul volto di ogni bambino che viene al mondo.
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente in occasione della XXV Giornata per la vita
1. Gli esseri umani non sono merce. Ci sono stati tempi, e purtroppo non sono finiti, in cui gli esseri umani sono stati venduti e comprati, ciascuno con la sua valutazione; c’era chi teorizzava la bontà, pratica e anche etica, di tutto ciò. Pochi osavano muovere obiezioni; tra i pochi che intuivano, inorridivano e denunciavano quello che a loro sembrava un attentato alla verità inscritta in ciascuno di noi, ci furono i cristiani, perché l’insegnamento di Gesù Cristo, rivelando la dignità dell’essere umano nella sua verità e in tutto il suo splendore, non permetteva di fare distinzioni. Infatti, come ricorda San Paolo «non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) e tutti siamo figli dell’unico Padre.
Il progressivo riconoscimento dei diritti umani non ha estirpato completamente l’antica tendenza a considerare gli esseri umani come una semplice merce. A volte, anzi, si arriva a legittimare presunti diritti per sottomettere altri uomini secondo logiche di possesso, di potere e di sfruttamento. In molti angoli del mondo, in quelli più poveri come in quelli più ricchi, e in molti settori della vita la tendenza perdura, adeguandosi ai tempi e alle mode.
Si va dalla stessa soppressione della vita nascente con l’aborto al commercio di organi dei minori, ai bambini soldato, alle prostitute schiave, ai ragazzi e alle ragazze sottoposti ad abusi sessuali, alla speculazione sul lavoro minorile, ai lavoratori sottopagati e sfruttati, forme tutte di autentica schiavitù. In ciascuno di questi casi la vita umana è umiliata e sfigurata con cinico disprezzo.
Anche talune esasperate strategie di mercato considerano gli esseri umani dei consumatori da studiare, manipolare, usare affinché siano docili e reattivi alle logiche del consumo, indotto attraverso tecniche pubblicitarie sempre più sofisticate e pervasive. Per le reti televisive gli spettatori sono oramai solo numeri, “merce” da vendere agli inserzionisti. E anche in politica, a volte, i cittadini sono considerati merce, voti da scambiare e piazzare.
Ancora più gravi sono gli esiti di questa logica mercantile quando essa viene applicata direttamente alla persona umana. Da tale logica traggono linfa molti attentati alla vita umana, in particolare nell’ambito della vita nascente. Non ci si può appellare a falsi diritti per cancellare i veri e inviolabili diritti del più piccolo e indifeso tra gli esseri umani: l’embrione. Per curare alcune malattie con le cellule staminali si giunge a proporre la sperimentazione indiscriminata sugli embrioni, giustificandone la creazione in vitro, la manipolazione e la soppressione. Per avere mano libera si arriva a strumentalizzare anche il legittimo desiderio di maternità e di paternità, fino ad affermare un inesistente diritto ad avere un figlio in ogni modo e in qualsiasi condizione, anche fuori del matrimonio e in contesti di omosessualità. L’assenza di criteri etici e di regole chiare, che partano dalla tutela dell’embrione e dai suoi inalienabili diritti, apre la strada a forme indiscriminate di uso e abuso della vita nascente e finisce per favorire chi pensa di poter operare in questo campo con logiche mercantili.
2. La vita è un dono fuori commercio. Nobile, sicuramente, è il desiderio di divenire madre e padre. Ma questo non può avvenire a ogni costo. Un figlio esige e merita di nascere da un atto d’amore: dall’incontro e dal dono totale e reciproco di un uomo e una donna, uniti in un autentico e stabile amore sponsale. Il figlio stesso è dono, amore, incontro e relazione. Nasce, in altri termini, da un atto del tutto gratuito, sottratto a ogni logica utilitaristica o mercantile, perché l’amore non cerca il tornaconto personale. Così accade con i figli che, nati da un libero gesto creativo di una sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri liberi: liberi della libertà spirituale che deriva dall'essere, in ogni caso, primordialmente figli di Dio.
C’è in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole, a considerare i figli che devono nascere come degli “oggetti” di cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio. Si potrebbe persino dire che il movente non è troppo diverso da quello che ci può spingere a sentire il bisogno di un’automobile o di una bella vacanza. Il figlio viene così pensato, da subito, come un oggetto che sarà posseduto da chi lo avrà “prodotto”; una merce alla stregua di altre merci.
Ma della vita non si può fare mercato! Questa affermazione non è arbitraria, né una mera esortazione più o meno accettabile; è un fondamento decisivo della nostra società. Negandola, si insinua che gli esseri umani possano, tutto sommato, essere cose da possedere.
Nessuna società - tranne un’autodistruttiva società di predoni - può reggersi sull’estensione senza limiti del concetto di “possesso”. Non tutto si può possedere; non di tutto si può fare mercato. Ce lo suggeriscono la ragione e il buon senso; ce lo ricordano il Vangelo e duemila anni di pensiero cristiano. Occorre che tutti ne facciano tesoro, a cominciare dai legislatori, dai quali attendiamo leggi chiare nei principi etici ed efficaci nella tutela della vita umana, nella consapevolezza - speriamo sempre più diffusa e condivisa - che gli esseri umani non sono una merce e che della vita umana non si fa mercato.
Come cristiani siamo chiamati ad annunciare con forza e coraggio l’illuminante verità dell’amore del Padre che ci ha riscattati donandoci la vita nel suo Figlio. La vita umana non ha prezzo perché siamo stati comprati «a caro prezzo» (1Cor 7,23) dal Signore. «Ecco, tutte le vite sono mie» (Ez 18,4), dice Dio per riaffermare che ogni vita viene da lui e a lui anela. La comunità cristiana, «popolo della vita», guardando ogni persona con l’occhio di Dio proclama il Vangelo della vita non solo ai credenti ma a tutti e «gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno, così che sempre più numeroso sia il “popolo per la vita” e la nuova cultura dell'amore e della solidarietà possa crescere per il vero bene della città degli uomini» (Evangelium vitae, 101).
Roma, 7 ottobre 2002