L’Unione Europea: Festeggiamenti vuoti e servitù atlantica

La verità è che siamo ostaggi di decisioni che non abbiamo preso, vittime di un mercato energetico assurdo e di una sudditanza geopolitica che ci condanna a pagare prezzi sempre più alti
Autore:
Luca Costa
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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Mentre a Bruxelles si stappano bottiglie di champagne per il tanto celebrato traguardo del caricabatterie universale – che, ironia delle ironie, sarà venduto rigorosamente a parte – un silenzio assordante cala su una questione ben più urgente e drammatica: il costo del gas è destinato a lievitare vertiginosamente a causa delle scelte sconsiderate di una NATO bellicista, degli USA e del loro fedele alleato Zelensky.

Da ieri mattina, ore 8 del 1 gennaio, infatti, il rubinetto del gas russo che transita attraverso l’Ucraina è stato chiuso. Non è un caso, ma una scelta deliberata: Kiev ha deciso di non rinnovare l’accordo con Mosca, sancendo di fatto l’interruzione di un flusso energetico vitale per l’Europa. Le conseguenze? Le solite. Il prezzo del gas volerà alle stelle, trascinando con sé quello dell’elettricità – un binomio tossico che strangolerà cittadini e imprese. E l’Unione Europea? Tace.

Washington comanda, Bruxelles obbedisce

Non è una novità che l’Europa abbia deciso di sacrificare la propria autonomia strategica sull’altare della fedeltà atlantica. Ma ora il prezzo di questa sudditanza è insostenibile. Per sostituire il gas russo, l’UE si affiderà al GNL statunitense: un combustibile carissimo, trasportato da navi che inquinano mari e atmosfera, e che verrà pagato a peso d’oro dagli europei. Per Washington è un affare colossale. Per noi, una condanna.
Nel frattempo, i paladini dell’ecologia che siedono nei palazzi del potere europeo – gli stessi che si vantano di regolamentare la lunghezza delle cannucce o la forma delle lampadine – si guardano bene dal dire una parola su quanto sia ecologicamente scellerato sostituire il gas russo con il GNL americano. E poco importa se il Green Deal si sta rivelando null’altro che un beffardo manifesto di ipocrisia.

Chi paga? Sempre noi

La verità è che l’Unione Europea ha perso la voce. Non è capace di opporsi ai diktat di Washington, neppure quando questi vanno palesemente contro gli interessi dei cittadini europei. E così, mentre negli USA si festeggia per i profitti record dei fornitori di gas, in Europa si piangono bollette insostenibili, aziende costrette a chiudere e famiglie costrette a scegliere tra riscaldarsi e mangiare.
Non è più tollerabile che le scelte di politica estera e di sicurezza dell’Europa siano dettate da chi non paga il prezzo delle loro conseguenze. Non sono i cittadini americani a vedersi raddoppiare i costi dell’energia; non sono loro a rischiare una recessione causata da un mercato energetico distorto e impazzito.

Una classe dirigente senza spina dorsale

L’Unione Europea aveva una scelta. Poteva negoziare con la Russia per garantire la stabilità energetica del continente. Poteva opporsi alle pressioni di Kiev e Washington per mantenere aperti i canali di approvvigionamento. Ma non l’ha fatto. Ha preferito piegarsi, ancora una volta, e a pagare saranno ancora i cittadini. L’andazzo è sempre lo stesso, due anni fa il divino Draghi tuonava contro chi osava mettere in discussione le sanzioni alla Russia e lo stop progressivo alle importazioni di gas: volete la pace o il condizionatore? (evidentemente, poco importano a Draghi le centinaia di morti delle ultime estati a causa delle ondate di caldo eccessivo).
Di fronte a una classe dirigente che si preoccupa più di celebrare successi di facciata – come un caricabatterie universale venduto separatamente – che di affrontare le vere emergenze, non possiamo che chiederci: che fine ha fatto l’Europa della solidarietà, dell’autonomia, della responsabilità?

Il silenzio dell’UE su questa crisi energetica è assordante. La verità è che siamo ostaggi di decisioni che non abbiamo preso, vittime di un mercato energetico assurdo e di una sudditanza geopolitica che ci condanna a pagare prezzi sempre più alti. Se l’Unione Europea non è più in grado di alzare la testa per difendere i propri cittadini, allora è arrivato il momento di ripensare radicalmente il progetto europeo.

Luca Costa