Davanti all’aborto: «vivere senza menzogna»

Aborto in aumento in Italia anche fra minorenni, Ivg farmacologica sorpassa chirurgica

La relazione del ministero della Salute trasmessa al Parlamento (ADNKronos)
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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L’urgenza di capire, di conoscere, di confrontarsi credo che debba muovere ogni uomo desideroso di «vivere senza menzogna», come direbbe Solženicyn.
In questo credo che la menzogna secondo Nietzsche: «Rifiutare di vedere qualcosa che si vede, rifiutare di vedere qualcosa come lo si vede» sia un suggerimento perfetto.

È appena uscita, in Italia, la relazione sullo stato degli aborti nel 2022 (e siamo ancora in attesa che anche nella nostra Repubblica siano comunicati i dati, come richiesto dalla legge istitutiva dell’aborto).

«Ecco un riassunto con i punti principali (come si evince dal resoconto di +Europa):
• Nel 2022 sono state notificate 65.661 IVG, un aumento del 3,2% rispetto al 2021, in controtendenza rispetto al calo costante dal 1983.
• Tasso di abortività: 5,6 IVG per 1.000 donne (15-49 anni), +5,1% rispetto al 2021, ma tra i più bassi a livello internazionale
• Le donne straniere abortiscono il doppio di quelle italiane: il dato non è disponibile per il 2022 ma quello del 2021 lo registrava al 12 per 1000.
• La fascia d’età che ricorre maggiormente all’aborto è quella tra i 25 e 34 anni.
• il 49% di quelle che abortiscono hanno un’occupazione
• il 38,9% di quelle che abortiscono sono coniugate (su quelle nubili non è possibile ricavare il dato delle convivenze)
• Per la prima volta non è indicata la percentuale di medici non obiettori.»


Possiamo interrogarci – evitando l’accusa di essere monotematici – su questi dati, forse non dissimili da quanto accade tra noi, per capire quale sia realmente il problema e come affrontarlo evitando la superficiale retorica dei diritti delle donne sul proprio corpo. Sono vite umane, e sono scelte quasi sempre consapevoli e volute, e sono spesso i giovani a compiere tale azione.

In questi giorni abbiamo dato rilievo al Messaggio dei Vescovi della CEI in occasione della 47a Giornata per la Vita: «Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?
Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?».

Non l’uccisione di esseri umani nel grembo materno è «civiltà ed espressione di libertà», ma il rendere possibile sia l’accoglienza della vita (con la consapevolezza del bene che rappresenta e con l’esperienza del dono dell’amore che la genera) sia un cammino educativo rispettoso dei fattori in gioco, superando quella immagine di «educazione sessuale di stato» che sembra avvicinarsi alla definizione nietzschiana di menzogna sopra riportata.

Di fronte ai problemi della vita, ciascuno può e deve interrogarsi su quello che gli è possibile fare, come ricorda quella bella preghiera «Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere quali sono le une e le altre». Magari sono cose piccole quelle che riusciamo a realizzare, magari per realizzarle dobbiamo andare controcorrente, certo, ma che gioia quando possiamo capire che abbiamo portato il nostro contributo al bene nel mondo in cui viviamo.

Mi viene in mente l’approvazione da parte di tutte le forze politiche dell’Ordine del Giorno che, a San Marino, ha promosso l’installazione della «culla per la vita» e che sembra essere caduta nel dimenticatoio, eppure può essere un piccolo segno di quella volontà di contrastare una logica deresponsabilizzante nel vivere consapevolmente la propria sessualità.

Scuola e famiglia devono essere gli alleati per la vittoria di una educazione che protegga la relazione (pensiamo alla crescita degli aborti per le minorenni) e la società civile (che lo Stato deve coadiuvare, non sostituire) crei occasioni per realizzare quella maturità affettiva che apre all’amore responsabile e sostenga nei casi di gravidanze difficoltose. Perché l’aborto non solo uccide un essere umano ma anche la coscienza di chi lo ha praticato. Ed è certo meglio prevenire che curare, soprattutto quando la sofferenza del cuore della madre (e non dimentichiamo, per favore, il dolore dei padri) non viene consolata da nessuna terapia più o meno psicologica.
Abbiamo un compito, tutti, e solo nel cammino insieme potremo svolgerlo con profitto.
Le esperienze in Europa e nel mondo (ma anche nella vicinanza di tanti tentativi) mostrano che, se è vero il «Guai all’uomo solo!», il mettersi insieme, l’associarsi, è già il primo passo della risposta. Basta solo cominciare, anche guardandosi attorno e prendendo iniziativa.



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