Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita

Pubblichiamo questo intervento dalla Dott.ssa Giuliana Ruggieri in occasione della Audizione al Senato 26 novembre 2024 (ddl 65-104-124-570-1083) per la chiarezza di giudizio e con l'invito a diffonderlo
Autore:
Dott.ssa Giuliana Ruggieri
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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La recente indagine dell’Istituto Cattaneo “Suicidio assistito ed eutanasia. Lezioni da nove paesi e da trent’anni di applicazione” (9 gennaio 2022) (1) suggerisce spunti importanti da cui partire per affrontare il tema della morte assistita (includendo sia l’eutanasia che il suicidio assistito). (2)
L’indagine parte descrivendo l’inconciliabilità degli orientamenti culturali che si confrontano nell’ opinione pubblica (uno basato sul diritto all’autonomia individuale, l’autodeterminazione e l’altro contrario, incentrato sul valore intrinseco della vita umana considerata indisponibile), spostando il dibattito “dal campo dell’opinioni a quello della valutazione basata su fatti accertabili”. Tale studio, dicono gli autori, offre la “possibilità di sottoporre a verifica empirica almeno parte delle argomentazioni avanzate dai sostenitori dell’una e dell’altra posizione. Tale verifica deve necessariamente partire dall’analisi delle conseguenze che l’introduzione di una legislazione che depenalizza, o che legalizza, suicidio assistito e eutanasia ha prodotto”. L’analisi molto rigorosa dal punto di vista metodologico, nonostante l’eterogeneità e l’incompletezza dei dati di alcuni paesi, descrive le dimensioni del fenomeno ed il suo andamento nel tempo.

Dimensione del fenomeno: in Svizzera e in Belgio le morti medicalmente assistite, oggi hanno superato l’1% del totale, in Olanda il 4 %. Negli Stati uniti e in Canada, invece il valore rimane ben al di sotto dell’1%. Quindi lo studio conferma autorevolmente che man mano aumenta l’accettazione dell’opinione pubblica della morte assistita (eutanasia/suicidio assistito) cresce il numero di persone che ne fanno ricorso. (fig.1)




Fig. 1 Morti medicalmente assistite (insieme di casi di suicidio assistito e di eutanasia) per 1.000 decessi in tre paesi europei, Canada e sei stati Usa, 1998-2020

Andamento nel tempo: lo studio quantifica la velocità di crescita, ridisegnando le serie temporali tenendo conto del diverso momento di introduzione della morte medicalmente assistita, valutando gli effetti della legge dopo che la sua applicazione si è assestata, considerando quel che succede a partire da 10 anni dopo la sua depenalizzazione/legalizzazione, rendendo più significativo il paragone fra le diverse realtà. In tutti i paesi in cui la morte medicalmente assistita è stata introdotta si è registrata una crescita continua della sua incidenza sul totale dei decessi. In tre paesi nel secondo decennio in cui la legge è entrata in vigore, tale crescita si è attestata intorno ad un valore medio annuo tra 8-11%. A dieci anni dall’introduzione legale, ogni anno, quindi l’incidenza delle morti assistite sul totale rispetto l’anno precedente è cresciuta dell’8,4% in Olanda, 9.6% in Oregon e del 10,7% in Belgio. In Svizzera la crescita media annua nel decennio considerato è stata decisamente più elevata, pari al 15,5%. (fig 2).



Fig. 2 Morti medicalmente assistite per 1.000 decessi in tre paesi europei e in uno stato Usa, 1991-2020; numeri indice a base fissa (1,000 = 10° anno dall’introduzione della depenalizzazione o della legalizzazione)

Lo studio conclude sottolineando tre osservazioni determinanti: l’atteggiamento istituzionale gioca un ruolo determinante (infatti in Svizzera, per esempio, le legislazioni hanno ampiamente favorito e aperto la richiesta del suicidio assistito, anche dei pazienti provenienti dagli altri paesi, con l’affermazione del “right to die mentality” (Lewy, Guenter, 2010),2 nessuno dei paesi considerati ha mai interrotto la propria corsa di crescita verso la morte assistita e, l’aumento sul totale dei decessi si è sviluppato in base a un tasso crescente nel tempo (Olanda, Svizzera e Oregon).
Questi dati sono confermati, dallo studio Demografia del fine vita, (3) (4)infatti in tutti paesi in cui è stata introdotta una legge sull’eutanasia/suicidio assistito (EAS) si è verificata negli anni una crescita significativa delle morti procurate. per eutanasia o suicidio assistito (EAS).
Lo studio riporta inoltre che l’introduzione dell’EAS ha, stimolato una crescita del totale dei suicidi assistiti e non assistiti. Di conseguenza le morti volontarie introdotte dalle norme sull’EAS si sono aggiunte a quelle non assistite, anziché sostituirsi a queste ultime. i suicidi tout court sono stati il 5% in Olanda, il 4% in Belgio e Canada, il 3% in Svizzera e Oregon. Numeri piccoli, ma non irrilevanti, specialmente perché vent’anni prima, quando le EAS non erano legalizzate o erano poco diffuse, in questi stati i suicidi tout court erano attorno al 2% dei decessi totali.

CANADA: Ultimi dati del Canada, sono consultabili nella relazione delle Commissioni Regionali di Controllo Eutanasia (RTE) per l’anno 2023. (5) La legge sul suicidio assistito è cambiata in fretta anno dopo anno, presentando un aumento esponenziale di EAS, abbattendo progressivamente i paletti posti inizialmente. Infatti, il 57,4 % ha citato “l’incapacità di gestire il dolore, più dell’80 %, la sopraggiunta “incapacità di svolgere attività significative” e ben il 35,9% ha spiegato di “sentirsi un peso per la famiglia, gli amici o i sanitari”, mentre il 18,6% ha parlato di “isolamento e solitudine”. La perdita dell’autonomia ha portato appena all’1,9 per cento di tutti i casi». (6)
Inoltre la Medical Assistance In Dying (MAID) viene concessa a chi non può permettersi le cure (7) poiché il sistema sanitario non può (o non vuole) coprire le spese, portando i pazienti a chiedere l’eutanasia. Inoltre lo Stato ricatta gli hospice (8) (erogare l’eutanasia o chiudere) e gli attivisti portano in tribunale gli ospedali cattolici (9) che non fanno l’iniezione letale.

Ultime frontiere: al convegno annuale del Canadian Society of Addiction Medicine tenuto a Victoria si è parlato anche di MAID e il dottor David Martell, medico responsabile della Medicina delle Dipendenze presso la Nova Scotia Health, ha dichiarato alla rivista Vice (10) della possibile estensione del protocollo eutanasico anche ai tossicodipendenti. Se un malato mentale può accedere all’eutanasia non si può escludere che anche un tossicodipendente possa soffrire di un disturbo mentale. Aggiunge infatti il dottor Martell: «Non è giusto escludere le persone dall’ammissibilità semplicemente perché il loro disturbo mentale potrebbe essere, in parte o in tutto, un disturbo da uso di sostanze. Ha a che fare con il trattare le persone allo stesso modo». L’importante è che il tossicodipendente abbia «un ragionevole desiderio di morire», ossia che il suo desiderio non sia episodico, dettato dall’emotività del momento, ma sia costante, espresso in modo lucido e pacato.
Secondo un sondaggio in Canada dell’istituto ResearchCo, quasi un terzo dei canadesi (28 %) ritiene che le persone dovrebbero avere accesso all’eutanasia anche per cause riguardanti la povertà, quindi tale diritto esteso ai senzatetto e ai poveri in generale. (11)

OLANDA: dai dati del Regional Euthanasia Review (RTE) il report del 2023 (12), il numero di casi segnalati di eutanasia segnalati in Olanda nel 2023 sono stati 9.068 (contro gli 8.720 dello scorso anno), in aumento del 4% rispetto all’anno precedente. Significa anche un incremento delle segnalazioni in rapporto con i decessi: 169.363 (170.839 l’anno scorso), ossia il 5,4% (nel 2022 più 5,1% e nel 2021 più 4,5%). (13)
Questa tendenza all’incremento è visibile su un periodo più lungo, sia in termini assoluti che in relazione al tasso di mortalità.

Theo Boer, docente Health Care Ethics at Kampen Theological University, accolse con entusiasmo l’approvazione da parte del Parlamento olandese di una legge, entrata in vigore nel 2002, che da allora è servita da traccia e modello per il mondo intero. Dal 2005 al 2014, ha fatto convintamente parte di una delle commissioni incaricate di verificare il rispetto della legge. Ma dopo 12 anni ha dovuto ricredersi:

«Avevo torto, avevo terribilmente torto. Ci siamo sbagliati tutti. Una volta aperta la porta all’eutanasia, non c’è modo di evitare il piano inclinato e di impedire che l’eutanasia, da eccezionale, diventi la normalità. Ogni argine è saltato.» (14)

A spaventare Theo Boer, sono stati non solo “i freddi dati”, non solo l’aumento costante delle persone che ottengono l’eutanasia, ma soprattutto l’allargamento progressivo delle maglie della legge che, di interpretazione in interpretazione, è passata da consentire la morte soltanto a chi la richiedeva volontariamente per patologie terminali che implicavano sofferenze insopportabili a sdoganarla per tutti coloro che soffrono a motivo di comuni patologie. Nel 2020, ad esempio, quattro persone che hanno contratto il Covid-19 in forma grave hanno preferito l’iniezione letale alla terapia intensiva e nessuno ha avuto niente da ridire.

«Il pericolo del piano inclinato è reale. Ormai in Olanda interrompere attivamente la vita delle persone è diventato normale. I bambini non fanno più eccezione, fino ad oggi l’eutanasia era già autorizzata per i neonati fino al compimento del primo anno di vita e per i ragazzi tra i 12 e i 18 anni. Si tratta di eventi estremamente rari: parliamo, per il primo gruppo, di un caso all’anno al massimo. E anche per il secondo, i casi sono fortunatamente molto pochi: negli anni in cui ho fatto parte della Commissione, ne ho visti solo quattro. Perché l’eutanasia dei bambini tra uno e 12 anni venga autorizzata, i genitori dovranno presentare la domanda a fronte della sofferenza insopportabile e inalleviabile con altri mezzi dei figli, che dovranno avere un’aspettativa di vita brevissima. Non si tratta di una legge ma di una misura governativa. Era già stata annunciata nel 2020, ma allora il pubblico ministero aveva fatto alcune obiezioni, giudicandola troppo liberale. Ora i criteri sono stati rivisti ed è stato ottenuto il via libera. Per opporsi, il Parlamento dovrebbe sfiduciare il governo. Ci sono molte voci critiche, soprattutto quelle dei medici che seguono i bambini con handicap. Anch’io sono fortemente contrario: è una decisione che presenta molti problemi ed è gravida di conseguenze» (Aprile 2023) (15)
Nel dicembre 2016, il D66 (partito dei democratici liberali olandesi) rende pubblica una proposta di legge sul suicidio assistito per “vita completata”. (16) Un primo testo viene presentato in Parlamento il 17 luglio del 2020, dopo un ulteriore approfondimento commissionato dal governo al Dipartimento di Etica della cura dell’Università degli Studi umanistici, a Utrecht, in collaborazione con l’Umc Utrecht Julius Centrum. L’indagine degli esperti, guidati dalla professoressa Els van Wijngaarden, (17) rileva che “lo 0,18% degli olandesi di età pari o superiore a 55 anni ha un desiderio di morte persistente e attivo, che si può meglio descrivere come un desiderio di porre fine alla vita, senza essere gravemente malati. Si tratta di circa 10.156 persone”.

Nel maggio del 2022, però, il Consiglio di Stato dà un parere negativo al testo di legge, chiedendo più tutele per chi chiede di morire: è necessario dare più tempo per la riflessione e accertare che il suicidio sia davvero l’unica soluzione alla sofferenza di vivere.

Indicazioni inserite nella nuova proposta, appena presentata dalla deputata Anne-Marijke Podt, del D66: aumenta da due a sei mesi il periodo di riflessione, e si prevede anche il coinvolgimento nella procedura di un medico che relazioni sullo stato di salute dell’aspirante suicida. La figura centrale della procedura resta quella di un nuovo professionista, il “consulente di fine vita”, che deve accertare che la richiesta di morte sia “ponderata, volontaria e sostenibile”, e per questo, nel semestre di riflessione, deve avere almeno tre colloqui con chi vuole suicidarsi perché stanco di vivere.

Una nuova professionalità è necessaria perché chi vuole morire per “vita completata” non ha patologie: se l’unico requisito da rispettare, oltre l’età, è l’accertamento della volontà, non serve un medico. Si tratta dell’eutanasia svelata nella sua essenza: non, come la si vuole presentare, una questione di etica medica, cioè la soluzione estrema per una malattia inguaribile, ma una questione antropologica, cioè il diritto di scegliere quando e come morire. (18)

BELGIO: i numeri dell’eutanasia in Belgio sono eclatanti: dai 24 decessi del 2002 si è passati ai 3.423 del 2023, più di nove al giorno, un aumento del 15% rispetto al 2022 e di oltre il 14.000% rispetto a 20 anni fa. Dall’analisi dei dati, contenuti nell’ultimo rapporto della Fcce, (19) si evince che lo scenario in realtà è ancora più preoccupante. (20) un decesso su 3 riguarda persone con meno di 70 anni, continuano a cambiare le patologie per cui la morte viene richiesta. Se dieci anni fa la patologia alla base del 70% dei casi era un cancro, perlopiù allo stadio terminale, nel 2023 la percentuale è scesa al 55,5. Continuano a crescere, invece, le polipatologie, cioè un insieme di malattie che va dai problemi cardiaci all’artrite, dall’abbassamento della vista a quello dell’udito. Problematiche, cioè non letali e legate alla vecchiaia. L’anno scorso le polipatologie hanno motivato il 23,2% delle richieste di eutanasia, e in quasi la metà dei casi (47%) la morte non era prevista nel breve periodo. Dieci anni fa costituivano appena il 9%.

La traiettoria è chiarissima: in Belgio l’eutanasia non serve più – o se si preferisce, serve sempre di meno – a porre fine a sofferenze insopportabili provocate da malattie letali, bensì a sbarazzarsi prematuramente delle persone anziane e disabili, a prescindere dalle prospettive di vita. È indicativo, da questo punto di vista, che siano in continuo aumento le iniezioni letali praticate all’interno delle case di riposo (16,4% nel 2022, 17,4% nel 2023). Se nel 2022, infine, erano 68 i malati psichiatrici o affetti da diversi tipi di demenza o disturbi cognitivi, che hanno avuto accesso all’eutanasia, nel 2023 i casi sono aumentati a 89, una crescita del 30%. (21)
Dopo i casi di Tine Nys (22) e Godelieva de Troyer (23) il Parlamento ha iniziato a modificare la legge, ma il testo approvato in prima lettura dalla commissione Giustizia il 14 febbraio 2023 fa già discutere.

Gli emendamenti proposti dalla maggioranza (24) disegnano un sistema diviso in tre sezioni che prevede pene diverse a seconda delle condizioni della legge che vengono violate:

- condizioni “di base”, ritenute le più importanti, che il medico deve verificare sono quelle che riguardano lo stato del paziente: deve essere in grado di intendere e di volere, essere cosciente nel momento in cui presenta la domanda ed essere affetto da una patologia incurabile che provoca sofferenze fisiche o psichiche insopportabili. La violazione di queste condizioni prevede la reclusione per il medico da 10 a 15 anni.

- condizioni “procedurali” riguardano il consulto di un secondo medico, indipendente dal primo e competente, o di un terzo se la morte del paziente non è prevista a breve termine; il consulto di un familiare e di un medico indipendente nel caso in cui l’eutanasia sia praticata sulla base di una dichiarazione anticipata di trattamento; il consulto di uno psichiatra infantile o di uno psicologo, insieme al rappresentante legale del minore, nel caso in cui l’eutanasia sia praticata su un bambino. In questo caso è prevista per il medico una reclusione da 8 giorni a 3 anni, o una multa da 26 a 1000 euro.

- condizioni “formali”, la cui violazione non comporta alcuna sanzione penale, sono in realtà tutt’altro che secondarie. Si parla infatti della verifica da parte del medico che la domanda di eutanasia sia presentata dal paziente «in maniera volontaria» dopo attenta riflessione, sulla base di una volontà espressa in modo reiterato nel tempo e «che non sia il risultato di alcuna pressione esterna». Sarà trascurabile anche «informare il paziente sul suo stato di salute e sulle sue speranze di vita», così come informarlo «delle possibilità terapeutiche ancora disponibili» e della possibilità di accedere alle «cure palliative». Non sarà più necessario nemmeno «assicurarsi della persistenza della sofferenza fisica o psichica» e parlare ripetutamente con il paziente «a distanza di tempo ragionevole». Neanche «parlare con i cari che il paziente indica» sarà più importante.

I medici potranno inoltre sorvolare sull’obbligo di far passare «almeno un mese tra la richiesta di eutanasia» e l’iniezione letale; non dovranno più preoccuparsi, in caso di dichiarazione anticipata di trattamento, «di discuterne con la persona di fiducia indicata dal paziente». Infine, i dottori che praticano una eutanasia non riceveranno alcuna sanzione penale se non invieranno tutta la documentazione alla Commissione federale di controllo e valutazione «entro quattro giorni».
In sintesi, non è più importante assicurarsi che la richiesta di eutanasia nasca davvero dalla volontà del paziente e non sia invece frutto di pressioni esterne o della depressione del momento. Non è più importante offrire al malato le costose cure palliative o spiegargli se e come potrebbe continuare a vivere.
Se gli emendamenti venissero approvati in via definitiva – e lo saranno probabilmente visto che la maggioranza in Belgio è d’accordo – cadrebbe il più importante pilastro della legge sull’eutanasia: quello dell’autonomia e dell’autodeterminazione.

DAL DIRITTO AL DOVERE DI MORIRE
Dopo 20 anni di eutanasia legale, a quanto pare, al Belgio non interessa più sapere né se una persona vuole davvero morire né perché desidera la morte. La cosa che conta davvero per Bruxelles, verrebbe da pensare, è che il richiedente sia ucciso il prima possibile, alla luce del sole o in segreto. Un medico, infatti, potrebbe anche attendere anni prima di segnalare l’eutanasia alla commissione incaricata di valutarla: non riceverebbe alcuna sanzione penale. Impunità, omertà, assenza di verifiche e garanzie, disprezzo della volontà del paziente e totale abbandono terapeutico: così l’eutanasia in Belgio passa in sordina dà diritto a dovere di morire.
Che ci si uccida o ci si faccia uccidere assistiti dal Servizio sanitario, in numero sempre maggiore, nel tempo, non rappresenta più un problema, e non è neppure considerata la spia di un disagio, tanto che di questo trend non si indagano neppure le cause: l’importante è che la morte si procuri nel rispetto della legge. Pensare, poi, che una persona malata si possa sentire confortata all’idea di potersi procurare la morte on demand significa considerare l’eutanasia come una legittima risorsa dei cittadini.

LA MORTE DIVENTA UN TRATTAMENTO SANITARIO
In Canada come in Australia, e anche in Spagna la tradizionale distinzione fra eutanasia e suicidio assistito viene eliminata, sottolineando il nucleo centrale: morire su richiesta. Fra le norme in vigore nei vari paesi, alcune prevedono esplicitamente solo il suicidio assistito mentre altre regolamentano anche l’eutanasia. La differenza fra le due fattispecie è solo procedurale, e serve a distinguere chi compie l’azione finale, quella di somministrare il prodotto che provoca la morte: un operatore sanitario, solitamente un medico, se si parla di eutanasia, oppure la stessa persona che vuole morire, nel caso del suicidio. Non c’è uno scarto sostanziale fra i due percorsi, tanto che le leggi più recenti tendono ad abbandonare gli storici termini “eutanasia” e “suicidio assistito”: ad esempio come abbiamo visto in Canada si parla di Medical Assistance in Dying (MAID Assistenza medica al morire), mentre in Australia c’è la Voluntary Assisted Dying (VAD, Morte volontaria assistita).
Ma soprattutto la legge spagnola utilizza un termine tipico dei trattamenti effettuati da un professionista sanitario: «Prestazione», dove il trattamento è l’«aiuto a morire».

Un’importante “pulizia” lessicale, quindi, nei più recenti testi legislativi, funzionale a eliminare parole connotate negativamente, sostituendole con espressioni più rassicuranti, associate all’assistenza e alla cura, in senso positivo. Ma soprattutto un mutamento terminologico che riflette il nodo concettuale di base: se la morte procurata è uno degli atti medici possibili ed esigibili, diventa qualcosa che si può indirizzare e controllare come ogni altro atto medico, e non suscita più i timori dell’imprevedibile e dell’ignoto.

La morte medicalmente assistita diventa trattamento sanitario, entrerebbe quindi a far parte dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini.

I sostenitori e i promotori delle leggi sulla morte medicalmente assistita dovrebbero quindi porsi una domanda: visto che con la legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito aumentano sempre, dappertutto, le richieste di morte, possiamo essere soddisfatti di questo risultato? Siamo sicuri che l’aumento continuo del numero di persone che ritengono che morire sia preferibile a vivere sia un obiettivo da perseguire? O che sia un segno di benessere sociale delle società in cui questo avviene?

Sono le storie di chi ha ottenuto la morte medicalmente assistita a spiegare cosa accade poi, concretamente, quando il diritto a morire entra nell’ordinamento giuridico. (vedi Report Olandese 2023) . Solo un esempio, un “caso” citato nel report (25): un anziano di 90 anni completamente autonomo, cade fratturandosi anca, rifiuta intervento e per perdita della propria autonomia, gli viene concessa morte dopo 14 giorni. Da segnalare inoltre che solo a posteriori, dopo la morte, viene valutata la correttezza della procedura.

“Che società è quella che chiama la vita un inferno e la morte una liberazione? Dove è il punto di origine di una ragione impazzita capace di ribaltare il bene in male e quindi incapace di dare alle cose il vero nome? […]
Nella lunga storia della medicina il suo sviluppo è diventato più fecondo quando, in epoca cristiana, è cominciata l’assistenza proprio agli “inguaribili”, che prima venivano espulsi dalla comunità degli uomini “sani”, lasciati morire fuori dalle mura della città o eliminati. Chi se ne fosse occupato avrebbe messo a rischio la propria vita. Per questo chi cominciò a prendersi cura degli inguaribili lo fece per una ragione che era più potente della vita stessa: una passione per il destino dell’altro uomo, per il suo valore infinito perché immagine di Dio creatore.”
(26)

Il “dare la morte” fa parte di una visione antropologica, che società, che tipo di civiltà vogliamo costruire offrendo la morte come risposta al dolore, alla malattia alla sofferenza, alla solitudine, alla povertà, alla fragilità, alla disabilità?
In realtà il dolore, la morte e la sofferenza ci ricordano la nostra condizione di limite di finitezza ed il bisogno di sostegno del e al prossimo.

“…in tale scelta gerarchica (la medicina che sceglie tra vecchi o giovani al tempo del covid o sceglie di offrire la morte come risposta alla sofferenza, aggiungo io) si conserva il segreto del potere totalitario e della società “tanatologica”, la società di massa del 900 che si fonda su un continuo commercio con la morte. […]
La società si fonda invece al contrario e nasce quando Enea in fuga dall’incendio, porta con sé il vecchio padre sulle spalle e, per mano, il giovane figlio. La pietà che è la sua qualità assistenziale e la sua qualità sociale, lo spinge nell’aiutare, includere tutti, curare tutti, anche a scapito della propria sopravvivenza, del proprio potere.
Quella pietà è anche l’intelligenza della specie, in quanto la specie sopravvive, sottolineano i biologi della complessità, non nella lotta ma perché la madre continua ad allattare il figlio e perché gli uomini […] si prestano soccorso.”
(27)

L’autodeterminazione, la propria autonomia, la propria libertà, non viene tolta, nessuno può mettere in discussione l’esercizio del libero arbitrio, anzi difronte al dolore, alla malattia, alla fragilità, emerge in tutta la sua drammaticità. Nel dolore, nella sofferenza, ognuno può solo inginocchiarsi. Il suicidio assistito è una libertà, ma non è un diritto esigibile da un medico, da una regione, da uno Stato, dal Servizio Sanitario Nazionale.

AUTODETERMINAZIONE SI TRASFORMA IN ETERODETERMINAZIONE
In realtà come documentato dai paesi in cui è legalizzato il diritto alla morte, l’autodeterminazione si trasforma in eteroderminazione, “la vita” nelle mani di medici, come nel caso del Belgio, Olanda, Canada o giudici come nel caso dei piccoli Charlie, Alfie, Ingrid.
C’è infatti una stretta correlazione fra la dignità della vita ed il sempre più esaltato mito dell’autodeterminazione.
Il focus centrale del problema non è in realtà la propria autonomia, la propria autodeterminazione, ma in realtà si vuole che la “scelta della morte” sia avvallata, deliberata e consentita dallo stato. Bisogna quindi chiedersi in fondo la Sanità pubblica, lo Stato deve sostenere la vita o agevolare la morte?

In Inghilterra entro il 29 novembre, dovrà essere esaminato dal parlamento britannico il cosiddetto Terminally Ill Adults (End of Life) Bill, un progetto di legge sul suicidio assistito presentato dalla deputata laburista Kim Leadbeater. In questo contesto sta crescendo un fronte laico, progressista e antidogmatico che ha deciso di resistere contrapponendo agli appelli emozionali, la tragica realtà dei paesi dove l’eutanasia è legale. Kathleen Stock, intellettuale lesbica e femminista anticonformista in un commento per UnHerd (28) scrive:

«I fautori della morte assistita cercano di far sparire difficoltà di vario tipo, sia fisiche che emotive, e il loro linguaggio si adegua di conseguenza. A volte sembra quasi che ci venga offerto un trattamento relax speciale in una spa. Con tono gradevolmente rassicurante, ora si viene “assistiti” nel raggiungere qualcosa, anziché essere uccisi da un medico o uccidersi».

Tale fronte trova generosa accoglienza sul libertario e libertino (ascendenza marxista) Spiked. È qui che pochi giorni fa ha firmato un commento Cory Franklin (29), già primario di terapia intensiva a Chicago e autore di contributi su temi non solo scientifici per diverse testate internazionali, ricordando come i soliti “paletti” che Leadbeater assicura di avere incluso nella sua legge per salvaguardare da eventuali abusi i potenziali candidati alla morte assistita sono destinati a non reggere:

«Le esperienze di altri paesi hanno dimostrato che il rispetto di rigide misure di salvaguardia per la morte medicalmente assistita finisce sempre per fallire. È sicuro che, se la morte assistita verrà legalizzata, moriranno pazienti che non dovrebbero morire».

Il dibattito è acceso anche in Francia dove Macron sta presentando la proposta per la legalizzazione dell’eutanasia. Molti professionisti francesi sottolineano l’illusione della libertà: la “libertà” può davvero esprimersi pienamente, l’autodeterminazione è reale, sincera e completa, quando la sofferenza, l’angoscia, la paura di essere un peso per gli altri impediscono l’accesso al suo desiderio più profondo?

Fabrice Gzil, (30) filosofo e professore alla School of Advanced Studies in Public Health (EHSP) dichiara: “La morte assistita si basa spesso sui valori di libertà e solidarietà. Si tratterebbe, per la società, di mostrare solidarietà alle persone che, in coscienza, ritengono che ciò che stanno vivendo non sia accettabile. Questa tesi pone diverse difficoltà. In primo luogo, chiedere di essere assistiti nel morire non è spesso una questione di scelta. Quando si è affetti da una malattia grave e ci si trova in una situazione di impasse terapeutico, questa richiesta è più il riconoscimento di un fallimento, la confessione di una finitezza, che l’affermazione di una libertà”.

Di fronte “al fine vita” occorre porre la ragionevolezza di una priorità diversa: la priorità della cura, dell’accompagnare malati e fragili, la priorità delle cure palliative. In questa direzione segnalo il parere sulle cure palliative del CNB (31)pubblicato il 14 dicembre 2023.
Se invece si affermerà tramite norme ed istituzioni che la vita merita attenzione solo se performante, allora si sceglierà di mandare ai più deboli un messaggio di disvalore, di abbandono, come le casistiche di altri paesi inesorabilmente dimostrano.
«Dovesse passare una legge che permettesse di portare attivamente fine alla vita su richiesta del paziente, molte delle persone “dipendenti” sentirebbero di essere un peso per le loro famiglie e la società e si sentirebbero in dovere di chiedere l’eutanasia. Ne risulterebbe come conseguenza grave una maggiore pressione sui pazienti vulnerabili per spingerli a questa decisione privandoli così della loro libertà» (Cicely Saunders, Lettera del 1993).
Ognuno è chiamato a giudicare se per sé o per i propri cari, ritenga più ragionevole, cioè laicamente più corrispondente alla ragione e ai propri desideri, essere curato o abbandonato nella fragilità.
Le Istituzioni, dal canto loro devono scegliere quali dei due diversi beni, indicare alla società.

Dott.ssa Giuliana Ruggieri
Osservatorio di Bioetica di Siena

NOTE

1. https://www.cattaneo.org/wp-content/uploads/2018/03/2022-01-10-suicidio-assistito.pdf
2. Lewy, Guenter (2010), Assisted death in Europe and America: Four regimes and their lessons, (Oxford University Press).
Si segue, in questo, un uso accolto nella letteratura scientifica (Lewy, 2010). Si consideri comunque che nei paesi in cui entrambe sono disponibili entrambe le possibilità, come in Olanda, i suicidi assistiti sono una minoranza del totale delle morti medicalmente assistite. A differenza di questo uso, invece, vengono incluse nelle morti medicalmente assistite anche i casi di eutanasia non volontaria, come i “killing without request” che, in Olanda, costituiscono tra il 5% e il 10% del totale delle forme di eutanasia o suicidio assistito.
3. Asher Daniel Colombo e Gianpiero Dalla Zuanna, 2023. “La demografia del fine vita”. Rassegna italiana di Sociologia.
4. Asher Daniel Colombo e Gianpiero Dalla Zuanna, 2024. “Data and trends in assisted suicide and euthanasia, and some related demographic issues”. Population and Development Review, 50 (1):233?257.
5. https://www.canada.ca/en/health-canada/services/publications/health-system-services/annual-report-medical-assistance-dying-2022
6. Why is Canada euthanising the poor? | The Spectator
7. Canada. «Io, troppo povera per curarmi: mi resta solo l’eutanasia» - Tempi
8. Canada. «Perché il governo deve obbligarci a uccidere i nostri pazienti?»
9. Cari cattolici, con l’eutanasia sarete obbligati a uccidere anche voi - Tempi
10. https://www.vice.com/en/article/canada-will-legalize-medically-assisted-dying-for-people-addicted-to-drugs/
11. https://researchco.ca/2023/05/05/maid-canada-2023/
12. https://english.euthanasiecommissie.nl/the-committees/documents/publications/annual-reports/2002/annual-reports/annual-reports
13. https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/nei-paesi-bassi-le-commissioni-regionali-per-il-controllo-delleutanasia-hanno-pubblicato-il-rapporto-al-2023
14. https://www.tempi.it/eutanasia-dolce-morte-legale-molta-morte-banale/
15. https://www.tempi.it/l-olanda-sdogana-l-eutanasia-dei-bambini-non-credevo-saremmo-arrivati-a-tanto/
16. https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/in-olanda-e-stato-presentato-un-disegno-di-legge-sulleutanasia-per-stanchezza-di-vivere-degli-anziani
17. https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/in-olanda-sono-stati-presentati-i-risultati-dello-studio-prospettiva-il-desiderio-di-morire-delle-persone-anziane
18. https://www.avvenire.it/vita/pagine/eutanasia-per-vita-completata-la-via-olandese-al-diritto-di-morire
19. https://organesdeconcertation.sante.belgique.be/fr/documents/communique-de-presse-cfcee-chiffres-de-lannee-2023
20. https://www.tempi.it/eutanasia-cosi-in-belgio-si-e-passati-dal-diritto-al-dovere-di-morire/
21. Tine Nys, una donna di 38 anni, che ricevette l’eutanasia il 27 aprile 2010, dopo che le fu frettolosamente diagnosticata la Sindrome di Asperger, ritenuta inguaribile. La famiglia denunciò i medici da un lato per non aver rispettato i criteri di legge e dall’altro per la scarsa professionalità con cui l’eutanasia venne somministrata
22. Godelieva de Trover, una donna di 64 anni non era affetta da alcuna malattia terminale, ma da quando aveva 19 anni soffriva di depressione, acuita nell’ultimo periodo dal suicidio dell’ex marito, dalla rottura di una relazione con il nuovo compagno e dal rapporto burrascoso con i figli. Suo figlio Mortier ha fatto causa al Belgio per l’uccisione con l’eutanasia della madre, avvenuta il 19 aprile 2012 senza che nessuno l’abbia mai informato. La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha condannato all’unanimità il Belgio a modificare la legge sull’eutanasia perché viola «il diritto alla vita» dei cittadini, protetto dall’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La sentenza riguarda il caso Tom Mortier v. Belgium. la Corte costituzionale del Belgio ha dichiarato la legge sull’eutanasia incostituzionale nella misura in cui non prevede un sistema di sanzioni graduale per i medici che la violano
23. Euthanasie - Le Parlement belge envisage de ne plus sanctionner pénalement la violation de certaines conditions de la loi - Institut Européen de Bioéthique
24. https://english.euthanasiecommissie.nl/the-committees/documents/publications/annual-reports/2002/annual-reports/annual-reports UNBEARABLE SUFFERING WITHOUT
25. PROSPECT OF IMPROVEMENT Hip fracture, short time between request and death
26. Volantino di Comunione e liberazione su Eluana Englaro,2008.
27. Manifesto. Editoriale Laura Marchetti. 24 marzo 2020
28. The assisted-dying lobby has already won - UnHerd
29. Assisted dying is a corruption of medicine - spiked
30. https://salute.aduc.it/eutanasia/articolo/eutanasia+francia+favorevoli+professionisti+della_35695.php
31. https://bioetica.governo.it/media/tbfmesys/p151_2023-cure-palliative_def.pdf