Sull’intelligenza artificiale
Recentemente papa Francesco ha accettato l’invito di Giorgia Meloni ad intervenire per la prima volta ad un G7 sull’intelligenza artificiale.Spunti di riflessione
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Recentemente papa Francesco ha accettato l’invito di Giorgia Meloni ad intervenire per la prima volta ad un G7 sull’intelligenza artificiale.
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2024-06/papa-discorso-integrale-g7-puglia-intelligenza-artificiale.html
La trama del suo intervento è ben individuata dalle seguenti sue parole.
L’IA come rivoluzione cognitiva.
“Quest’ultima, come è noto, è uno strumento estremamente potente, impiegato in tantissime aree dell’agire umano: dalla medicina al mondo del lavoro, dalla cultura all’ambito della comunicazione, dall’educazione alla politica. Ed è ora lecito ipotizzare che il suo uso influenzerà sempre di più il nostro modo di vivere, le nostre relazioni sociali e nel futuro persino la maniera in cui concepiamo la nostra identità di esseri umani.
Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. A questo proposito si può dire che tutti noi siamo, anche se in misura diversa, attraversati da due emozioni: siamo entusiasti, quando immaginiamo i progressi che dall’intelligenza artificiale possono derivare, ma, al tempo stesso, siamo impauriti quando constatiamo i pericoli inerenti al suo uso.
Non possiamo, del resto, dubitare che l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione cognitivo-industriale, che contribuirà alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali. Ad esempio, l’intelligenza artificiale potrebbe permettere una democratizzazione dell’accesso al sapere, il progresso esponenziale della ricerca scientifica, la possibilità di delegare alle macchine i lavori usuranti; ma, al tempo stesso, essa potrebbe portare con sé una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi, mettendo così in pericolo la possibilità di una “cultura dell’incontro” a vantaggio di una “cultura dello scarto”.
Il rischio da evitare.
Non possiamo, quindi, nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socioeconomici e culturali uniformi.
Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di “paradigma tecnocratico”. Non possiamo permettere a uno strumento così potente e così indispensabile come l’intelligenza artificiale di rinforzare un tale paradigma, ma anzi, dobbiamo fare dell’intelligenza artificiale un baluardo proprio contro la sua espansione.
L’importanza della buona politica.
Ed è proprio qui che è urgente l’azione politica, come ricorda l’Enciclica Fratelli tutti. Certamente «per molti la politica oggi è una brutta parola, e non si può ignorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?».
La nostra risposta a queste ultime domande è: no! La politica serve! Voglio ribadire in questa occasione che «davanti a tante forme di politica meschine e tese all’interesse immediato […] la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere in un progetto di Nazione e ancora di più in un progetto comune per l’umanità presente e futura».
Come ho già detto altrove, «la società mondiale ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i più diversi settori e i più vari saperi. In tal modo, un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può “aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (Laudato si’, 191)».
Questo è proprio il caso dell’intelligenza artificiale. Spetta ad ognuno farne buon uso e spetta alla politica creare le condizioni perché un tale buon uso sia possibile e fruttuoso.”
Domande costruttive
Fino a qui le parole molto chiare di papa Francesco.
Di fronte alla chiarezza del suo intervento e alla denuncia del grave rischio in atto la mia domanda è la seguente: quello che prospetta papa Francesco è soltanto un rischio oppure una realtà resa possibile dall’affermarsi di un pensiero diffuso dominante, che pervade tutti gli ambiti culturali ed educativi della nostra società?
Se si propende per questa seconda ipotesi è allora possibile individuare i dogmi del pensiero diffuso dominante?
https://www.culturacattolica.it/cultura/il-calendario-del-marciapiedaio/chi-è-il-marciapiedaio
Sono dogmi/postulati che costituiscono nella forma della Scienza/ideologia principi non criticabili e non criticati del dibattito pubblico.
È necessario dire che la forma di postulati è imposta soprattutto dall’opinione pubblica, ma nella storia della filosofia e della cultura essi sono stati oggetto di ricerca, dibattito, accurate argomentazioni.
Tale fatto, che cioè alcune affermazioni presenti nel dibattito filosofico passino a postulati guida dell’opinione pubblica e del senso comune, ci porta a chiederci se il dibattito tra diverse idee e concezioni per il loro affermarsi nel paese sia affidato solo al loro valore teoretico oppure al loro essere funzionali a forze sociali ed economiche prevalenti nella società (gruppi di interesse economico e gruppi di potere).
Detto in termini più semplici possiamo avanzare il sospetto che sia venuto meno il ruolo degli intellettuali e del pensiero critico, che preferiscono ormai blandire il potente di turno piuttosto che esercitare il loro dovere di critica razionale dei principi che stanno alla base dei comportamenti diffusi.
Ecco i dogmi (fasulli) che stanno alla base del pensiero diffuso dominante nel settore della scienza/tecnologia e della intelligenza artificiale.
1) Non esiste una verità universale, definitiva e stabile nel tempo. Un’affermazione può essere vera solo in riferimento ad un contesto storico e sociale ben delineato o ad un certo problema che si vuol affrontare. (relativismo)
2) La Scienza e la Tecnologia sono gli unici strumenti per la conoscenza e per la risoluzione dei problemi in quanto si muovono nella dimensione pratica e misurabile. Ciò che decide della verità o della falsità di qualcosa è la Scienza. Tutto ciò che è definito da un’autorità diversa dalla scienza e dal suo metodo è falso e da rifiutare o da considerare come un’opinione soggettiva senza alcuna pretesa di verità. (scientismo)
3) Le domande tradizionali della metafisica e della tradizione: “chi siamo”, “da dove veniamo” e “dove andiamo” sono mal poste e devono essere sostituite dalla domanda sul che fare di fronte ai problemi. (immanentismo storico)
https://www.culturacattolica.it/cultura/il-calendario-del-marciapiedaio/da-ricordare/8-gennaio-percorso-n-2-che-cos-è-la-scienza
Ma facciamo il secondo passo. Abbiamo stabilito che le principali famiglie culturali europee, aderiscono ormai a quel nuovo orizzonte che possiamo chiamare TECNOLOGICO/CONSUMISTA/NARCISISTA, oggi molto diffuso e che si presenta come il nuovo totalitarismo; per un percorso di approfondimento vedi il seguente link https://www.culturacattolica.it/cultura/il-calendario-del-marciapiedaio/da-ricordare/17-ottobre-il-nuovo-totalitarismo-divertirsi-da-morire-il-desiderio-come-diritto
La sfida educativa.
Ma la sfida educativa richiede che si raccolga la provocazione e che ci si muova alla risposta per una nuova educazione in un duplice percorso.
Da un lato ripercorrere storicamente le vicende degli uomini europei per mostrare come i grandi protagonisti hanno testimoniato, con la loro esistenza e con le loro decisioni, l’affermazione di quei valori che si vogliono sostenere come il prodotto più alto della civiltà greco-giudaico-cristiana (vedi la parte “eventi” e “personaggi” del calendario); dall’altra riprendere quelle idee e quelle elaborazioni concettuali ed esperienze artistiche che si pongono in modo alternativo alla linea tendenzialmente dominante del pensiero moderno, riducendo al nulla quella interpretazione fin qui vincente della storia contemporanea per la quale (oltre a negare valore alla memoria) la fine del percorso della modernità ha avuto quell’esito nichilistico, di cui oggi vediamo la manifestazione chiara, e così mostrare che l’esito tecnologico/consumistico/narcisista, cui assistiamo, non è affatto necessario.
Occorre anzi recuperare e dare slancio a quelle posizioni e idee che sono state accantonate in modo indebito e senza adeguata consapevolezza critica, fornendo così un fondamento adeguato a quei valori e a quelle esperienze che costituiscono l’eccellenza della nostra civiltà (vedi la parte “da ricordare” del calendario stesso).
Accanto dunque ad un pensiero pratico caratterizzato fortemente da quegli elementi di cultura tecnologico/consumista/narcisistica che si iscrive perfettamente nella logica nichilistica in senso nietzschiano (critica di ogni tradizione costruita dalla società occidentale ed esaltazione della possibilità di creare un nuovo umanesimo fondato sulla “volontà-di-potenza-oltre-uomo” che nasce solo dopo la morte di Dio) e dall’altro dalla debolezza di un pensiero teorico che si rifiuta di prendere atto che ciò che era contenuto nelle grandi culture sopraddette non può essere fondato che su quei principi e quei valori che stanno all’interno di quella tradizione filosofica di cui il nichilismo costituisce proprio la negazione e che aspettano di essere riproposti, a partire da una critica esplicita del nichilismo stesso.
Il tanto proclamato anti nichilismo di molte posizioni ha infatti solo questo significato: il pensiero moderno, di cui la mia posizione è parte importante, ha un esito nichilistico che si applica a tutte le altre posizioni, ma non alla mia.
Ma è dimostrabile l’impossibilità nell’orizzonte nichilistico di dare fondamento adeguato, utilizzabile in chiave educativa, a quei valori della cultura occidentale che appaiono ai più come irrinunciabili per la costruzione di una giusta convivenza: democrazia liberale, stato di diritto o costituzionale, laicità dello stato, rispetto per tutte le religioni, eguaglianza tra gli uomini come ideale cui tendere in modo graduale senza il corto circuito della violenza, possibilità di realizzare una scienza e una tecnologia al servizio dell’uomo e non asservita alla volontà di chi pone il profitto come fine ultimo di ogni azione, realizzazione di un rapporto tra i popoli fondato sulla giustizia, cioè sulla contemporanea globalizzazione delle merci, del capitale e dei diritti dell’uomo, possibilità di costruire un’economia mondiale di mercato nella quale la ricerca del profitto sia regolata da leggi che tutelino le esigenze e le necessità di chi (individui, gruppi sociali o popoli) è meno ricco e potente.
Raccogliamo la sfida!