L’«uomo moderno» non esiste. E forse neppure il «cambiamento d’epoca»

Von Hildebrand: Noi consideriamo la crisi attuale come la più grave in tutta la storia della Chiesa. Tuttavia speriamo che la Chiesa trionferà su ogni tentazione, secondo le parole del Signore: «E le porte dell'inferno non prevarranno».
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Ho scoperto in questi tempi un autore, Dietrich von Hildebrand, convertito al cattolicesimo, dotato di una profondità e chiarezza straordinarie. Ne ho letto la biografia scritta dalla seconda moglie, [Alice von Hildebrand, L’anima di un leone] curata da Elisa Grimi (che tra l’altro cura la pubblicazione di altri testi notevoli) e con una bella introduzione di Josef Ratzinger e mi sono convinto di avere incontrato un autore da imparare e da suggerire a tutti coloro che vogliono avere chiarezza di giudizio, anche sull’oggi.
Ho già pubblicato la straordinaria conclusione del suo libro «Il cavallo di Troia nella città di Dio», testo scritto all’indomani del Concilio Vaticano II, nel quale confuta il progressismo che già nei primi anni del post concilio stravolgeva il cattolicesimo (e le cui conseguenze si trovano purtroppo nel presente della nostra Chiesa), e vorrei riprendere, per un confronto e un dialogo, un capitolo che, oltre alla chiarezza di giudizio, mi pare apra alla speranza (certamente quella speranza di cui ci ha infiammato il cuore e la mente Papa Benedetto nella Spe salvi).

A me pare la lettura più adeguata, e capace di contestare il refrain del «cambiamento d’epoca», sia per la precisione del giudizio sulla storia, giudizio scevro da irenismi e ideologizzazioni, sia perché capace di indicare l’autentico protagonista della storia, l’uomo libero e la verità, fatta carne nel Signore Gesù Cristo.

Vorrei che questo intervento fosse da un lato l’invito alla lettura di questo testo straordinario e dall’altro il suggerimento di approfondire tutta l’opera di von Hildebrand, per la maggior parte tradotta in italiano.

LA FALSA CONCEZIONE DELL’UNITARIETÀ DELLE EPOCHE STORICHE

«Prima di esaminare l’atteggiamento assunto dai cattolici progressisti di fronte ai pericoli del nostro tempo è opportuno considerare un errore a carattere più generale.
Ci riferiamo all’idea, spesso implicitamente ammessa anche quando in teoria la si nega, che ogni epoca storica e una unità conchiusa caratterizzata in ogni suo aspetto da una data mentalità. Ora, in primo luogo in ogni epoca storica si trovano individui che non corrispondono affatto al tipo del loro tempo — individui, la mentalità e le idee dei quali divergono da quelle della maggior parte dei loro contemporanei; in secondo luogo, in essa sono presenti correnti spirituali diverse, anzi spesso in contrasto.
Alcuni sociologi e alcuni storici ritengono che questi stessi contrasti possono valere come un aspetto tipico di una data epoca e corrispondere al suo carattere generale.
Essi dicono che un certo problema — ad esempio, quello della libertà umana — è essenziale per il carattere di una epoca e che il trovarvi opinioni divergenti su di esso dimostra che, nell’un modo o nell’altro, quel problema è determinante pel pensiero di periodo in questione. Ma questo non è che un tentativo artificioso di salvare la teoria dell’omogeneità di un’epoca. Infatti una stessa controversia spesso sta al centro dell’interesse di epoche di verse. Questo è stato certamente il caso anche della libertà. In una epoca si possono trovare sovrapposte correnti riferentesi a orientamenti spirituali completamente diversi.
La veduta ultrasemplificata della storia che fa da sfondo al concetto delle epoche conchiuse non è tale da resistere ad una seria critica.

A questo errore si associa anche l’esagerare la differenza fra le diverse epoche storiche. Per diverse che possano anche essere le condizioni della sua vita, in fondo l’uomo resta sempre lo stesso. Il livello della tecnica, della medicina e dell’organizzazione della vita sociale oggi è ben diverso di quello del Medioevo ma le fonti della vera felicità in terra non sono cambiate: amore, verità, matrimonio, famiglia, le bellezze della natura e dell’arte, l’attività creativa. Sebbene i mutamenti che si verificano nella storia pongano problemi nuovi, in ogni epoca sono rilevabili le stesse antitesi metafisiche fondamentali e gli stessi problemi esistenziali. Quel che si può solo affermare, è che nella storia sorgono e tramontano stili di vita i quali per un certo tempo danno l’impronta all’esistenza dell’uomo e che si esprimono nell’architettura, nei costumi, nelle forme del comportamento e del pensiero. Ma nell’essenza l’uomo non cambia, egli è sempre esposto agli stessi pericoli morali; in ogni tempo ha bisogno di essere redento, in ogni tempo è chiamato in egual misura a realizzare la propria perfezione morale e perfino la santità.
Per l’uomo di ogni epoca valgono le parole di S. Agostino: «Ci hai creati per Te, o Signore, e i nostri cuori sono inquieti finché non riposeranno in Te».

Inoltre quando si tratta di problemi umani fondamentali spesso la differenza fra le idee di due contemporanei può essere assai maggiore di quella fra due uomini di epoche diverse. La differenza fra Socrate e Callicrate quale è descritta nel Gorgia di Platone è assai maggiore di quella fra Callicrate e Nietzsche. Beethoven è assai più lontano da Rossini di quanto non lo sia da Bach. Michelangelo è diverso da Bandinelli, suo contemporaneo, assai più che non da Fidia. Il cardinale Newman è infinitamente più vicino ad Agostino che non a Carlo Marx. La distanza fra Don Bosco e Garibaldi o Comte è assai maggiore che non fra Don Bosco e Francesco d’Assisi o San Martino di Tours. E la differenza a cui qui alludiamo non si riferisce solo al dominio delle idee ma a tutto il mondo spirituale in cui questi uomini hanno vissuto. Così espressioni, come «l’uomo del XIX secolo» o «l’uomo moderno», sono quanto mal equivoche e vaghe.

Questo cosiddetto «uomo moderno» non esiste. Esistono soltanto certe correnti intellettuali e culturali che temporaneamente predominano. Il concetto di «uomo moderno» con carattere normativo, ossia come un tipo a cui noi tutti dovremmo conformarci, è o mistificatorio, o assurdo.

Anche se per «uomo moderno» s’intendesse soltanto l’esponente di una mentalità prevalente, esso non potrebbe mai valere in termini normativi. La mentalità propria ad un’epoca può essere in accordo con la verità o non esserlo; può essere buona o cattiva, profonda o superficiale, per cui il semplice fatto che essa predomini in un dato periodo non dice assolutamente nulla nei riguardi dell’atteggiamento da prendere di fronte ad essa. Può darsi che si debba approvarla e favorirla ma può anche darsi che la si debba decisamente combattere. Soltanto se essa è fondata sulla verità ed è buona si deve approvarla, dunque in base al suo valore intrinseco, indipendentemente dalla sua vitalità storicosociale e dalla sua temporanea prevalenza.

Del resto, l’imposizione della mentalità predominante a coloro che non la condividono è evidentemente una offesa alla libertà, è cosa contraria ad un principio fondamentale della vera democrazia, al rispetto per la persona e al riguardo per le minoranze. Inoltre è una assurda contradizione da un lato definire arbitrariamente (come fanno tanti intellettuali) l’uomo moderno, dall’altro pretendere che egli sia la norma dell’epoca, a cui anche tutti gli altri che vivono nello stesso periodo debbono conformarsi. In realtà, costoro vogliono soltanto imporsi proiettando la propria mentalità nel presunto «uomo moderno».

In ogni caso è assai importante riconoscere che l’eventuale unità di stile che una data epoca può presentare non autorizza mai a estendere tale unità al dominio della verità o della moralità. Non si può parlare di una verità del Rinascimento, del Barocco e dell’epoca moderna, né di una moralità medievale e di una moralità moderna se ci si riferisce all’essenza dell’atteggiamento etico e non a certi surrogati dei veri valori morali i quali possono effettivamente portare l’impronta di una data epoca. Ciò è da dirsi ancor più per il dominio religioso. Non esiste una santità medievale diversa da quella del Barocco né una santità del XIX secolo che si distingua da quella del xx secolo. La rinascita dell’uomo in Cristo sostanzialmente è sempre la stessa. Le differenze rilevabili nei santi derivano più dalla diversità degli individui quali persone che non dal tempo in cui hanno vissuto. Volendo parlare di una religiosità caratteristica per una data epoca (e qui si corre sempre il pericolo di troppo semplificare), ci si può riferire unicamente ad un tipo di religiosità che non è in contrasto con un altro tipo ma che piuttosto lo completa.
Sempre che si tratti di una religiosità autentica e cristiana, non di deviazioni, la differenza riscontrabile fra le sue varie forme è simile a quella fra i vari aspetti del culto, ad esempio fra il culto di Gesù Bambino, di Cristo sofferente o del Sacro Cuore di Gesù.

La concezione delle epoche come unità omogenee ha una stretta relazione con un’altra falsa assunzione, ossia con l’idea della esistenza di una specie di logica immanente, più o meno conoscibile, del corso della storia. Abbiamo già parlato degli errori dell’evoluzionismo e del progressismo nonché della teoria hegeliana della dialettica storica. Non è vero che il succedersi delle epoche storiche si presenti come un movimento univoco in una direzione unica, buona o cattiva che sia. In realtà, spesso accade che un’epoca rassomigli ad un’altra assai lontana più che a quella che l’ha immediatamente preceduta. La teoria hegeliana dello «Spirito del Mondo», del Weltgeist, non corrisponde alla realtà. Malgrado il suo carattere attraente e brillante, malgrado il suo attestare la genialità di Hegel, questa teoria resta una mera speculazione improntata da un immanentismo naturalistico. Sebbene Hegel lo abbia contestato, essa è assolutamente incompatibile con la rivelazione cristiana.

Quando i cattolici progressisti chiedono che la Chiesa si adegui al mondo moderno, di solito fanno come se esso dovesse essere anche il mondo futuro, mentre nulla ci assicura che le correnti e i movimenti oggi in auge, domani non possano provocare violente reazioni nel senso opposto: reazioni contro il computer-ideal, contro l’amoralismo contemporaneo, contro le mode filosofiche e artistiche di oggi. Non è detto che simili reazioni avverranno necessariamente, ma se ne deve tener sempre presente l’eventualità, per non dire la probabilità. Il razionalismo dell’Illuminismo fu soppiantato dal romanticismo e la storia conosce molti casi analoghi. La pretesa degli apostoli del progressismo, che il futuro appartenga a loro, è assolutamente gratuita. Si tratta di un puro «atto di fede» non convalidato né dalla scienza, né dalla filosofia, né dalla storia, né dalla rivelazione cristiana. Sarebbe cosa assurda e vile, sarebbe un tradimento nei confronti della missione affidatale, che la Chiesa si adattasse ai tempi moderni, al «futuro». Come ha detto papa Giovanni XXIII, è la Chiesa che deve dare la propria impronta a tutte le nazioni e a tutte le epoche storiche, e non viceversa. La rivelazione cristiana si rivolge agli uomini di ogni tempo — alla persona considerata in quella sua natura essenziale e immutabile che essa sola permette di considerarla, in genere, come un essere umano. Se ci si tiene fermi all’idea del carattere chiuso e unitario delle epoche storiche e si sottolinea esageratamente la loro diversità, si soggiacerà alla fisima, che all’uomo dei nostri tempi il messaggio di Cristo debba venire presentato in modo del tutto nuovo. Una interpretazione dilettantesca del Kairos, la preoccupazione di raggiungere «l’uomo del nostro tempo» impedirà di raggiungere l’uomo di ogni tempo.

La falsa assunzione, che i periodi storici siano unitari intellettualmente e psicologicamente, e che esista una logica immanente della storia porta a pensare che sulla storia non è possibile esercitare una influenza. Ciò può anche essere vero per quel che riguarda lo sviluppo tecnologico, ma non quando si tratta di ideologie e di sistemi politici.
A suo tempo in Germania molti hanno creduto che l’avvento del nazionalsocialismo era inevitabile ed oggi si pensa in modo analogo circa il marxismo e certe forme di collettivismo. Così si consiglia la Chiesa di essere saggia e di prepararsi per poter sopravvivere in un mondo marxista o comunista. Questo fatalismo storico non tiene conto della libertà dell’uomo, della sua capacità di opporsi a movimenti apparentemente ineluttabili e di superarli; anzi esso non tiene nemmeno conto dei fatti della stessa storia. Si tratta di una costruzione hegeliana che, di nuovo, porta ad una interpretazione sbagliata del Kairos.

Ripetiamolo: non esistono epoche storiche conchiuse e omogenee, non esiste un «uomo moderno». E quel che più importa è riconoscere che l’uomo resta sempre lo stesso nella sua struttura essenziale, nel suo destino, nelle sue possibilità, nei suoi desideri più profondi e per quel che riguarda i pericoli a cui è esposto moralmente: ciò, malgrado tutti i mutamenti che possono verificarsi nelle condizioni della vita esteriore. Vi è stato e vi è un unico mutamento storico decisivo nella situazione metafisica e morale dell’uomo: la venuta di Cristo, la redenzione dell’umanità e la sua riconciliazione con Dio grazie alla morte di Gesù sulla croce.» (Dietrich von Hildebrand, Il cavallo di Troia nella città di Dio, pp. 173-179 – Ed. Volpe 1969)