PERCHE' TI SEI INCARNATO - Poesia di Natale di Gregorio Curto

Poesia liberamente tratta dal racconto "Ora so perché dovevi farlo" di Bruno Ferrero
Autore:
Curto, Gregorio
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Marzio era un uomo gentile e discreto
padre amoroso e marito mansueto
ma riteneva che fosse il Natale
una fandonia, una storia banale.
"Un Dio incarnato - quanto me ne duole!-
credo esser una delle tante fole
che, ben inteso, con buona intenzione
servono solo a recar consolazione".
Così tra sé e sé Marzio pensava
e pure francamente dichiarava;
mentire gli pareva una risposta
da uomo falso con la faccia tosta.

Vigilia di Natale: a mezzanotte
in chiesa per la messa, insieme, a frotte
accorrono i fedeli da ogni parte;
soltanto Marzio se ne sta in disparte,
in casa, solo, mentre moglie e figli,
lasciati i loro comodi giacigli,
sotto le volte della cattedrale
cantan gioiosi l'inno di Natale.
Quand'ecco che da un cielo nero nero
-è notte che rivela un gran Mistero-
vede Marzio dapprima lieve lieve
a grossi fiocchi la candida neve
discendere e imbiancare prati e case
di nastri adorne e luci colorate.
Poi si scatena una vera tempesta.
"Vuoi tu, tempaccio, rovinar la festa
del giorno che ai miei bimbi è tanto caro,
la sua dolcezza mutando in amaro?
Questa tormenta recherà gran danno"
s'affligge Marzio; e tosto in grande affanno
-udito all'improvviso un tonfo sordo-
da dietro la finestra vede un tordo
essere respinto brutalmente indietro
perché certo non può sfondare il vetro.

Scorge poi l'uomo, con mossa maldestra
sbattere duro contro la finestra
un grande stormo di rapidi uccelli;
merli, altri tordi e pennuti fringuelli.
"Corro ad aprir degli attrezzi il capanno
perché non rechi loro grave danno
questa furiosa inattesa tormenta
che pure me rattrista e assai sgomenta".

Di buona lena, tutto imbacuccato
esce ad aprire il rifugio approntato,
ma i tordi, ahimè! non gli dan punto retta:
invano infatti il fido Marzio aspetta
di vedere compiuto il suo disegno.
"Mi stimano gli uccelli forse indegno
di prestar loro il mio prezioso aiuto;
non mi intendon, per me non hanno fiuto",
pensa il buon uomo e poscia non di meno
sbriciola del buon pane sul terreno,
perché guidi lo stormo senza indugio
al bel capanno, sicuro rifugio.
Ma l'azione dai tordi non è intesa:
si rivela un'inutile pretesa
poiché essi ancora, con mossa maldestra
si recan danno urtando la finestra.

Ne prova Marzio un acuto dolore,
tal che dal più profondo del suo cuore
sgorga di schianto questa invocazione
fausto presagio dell'Incarnazione
"potessi trasformarmi in un uccello
per fare ai tordi intendere il mio appello!
Basterebbe, io credo, un sol minuto
e il piano mio sarebbe ben compiuto.
Il gesto mio siccome una carezza
porterebbe allo stormo la salvezza".

Ode poi Marzio suonar le campane
quelle vicine e quelle più lontane...
e si inginocchia sul prato innevato:
"Ora so ben perché ti sei incarnato!"