Quanta confusione e malafede sui gay, caro Augias!
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«Che bello però, noi siamo come gli hippies, Peace and Love, nessuno si detesta e ci vogliamo bene, dovrebbe vederci il Papa, magari si calma pure lui».
Di tutto è stato detto ed è stato scritto su Benedetto XVI, ma che avesse bisogno di darsi una calmata, questa non l’avevo mai sentita. Una news. Uno scoop?
L’affermazione – cercate di seguirmi perché la ricostruzione sarà un po’ farraginosa – l’affermazione, dicevo, è dei figli adolescenti della signora Monica Lupato, che manda una mail a Corrado Augias per raccontargli della bellezza della sua famiglia allargata in cui, come scrive: «c’è sempre stato posto per tutti. Ora anche per il compagno del mio ex cognato, che i miei figli adolescenti chiamano zio (se fosse stata donna l’avremmo chiamata zia, mi hanno detto molto tranquillamente)». Non è dato sapere come l’avrebbero chiamato/a se fosse stato/a bisessuale o transessuale, ma procediamo.
Dunque: andando a ritroso, è Augias che per l’ennesima volta ripropone la ribollita (anche con questo caldo? Sì, anche con questo caldo), usando la signora Monica che usa i suoi figli adolescenti che usano lo zio e il compagno dello zio per sentire il brivido (con questo caldo? Sì. Sarà per questo!) di ciò che nell’immaginario collettivo sono gli hippies. Figli dei fiori (profumati, e spesso anche – diciamo così – “inebriati”), uniti dallo slogan Peace and Love.
Il Successore di Pietro Benedetto XVI, che sarebbe bene si desse una calmata (non si sa poi a proposito di cosa) dovrebbe dunque indicare urbi et orbi non l’ἀγάπη (agàpe) e cioè il modello di amore cristiano, ma… la famiglia allargata della signora Monica Lupato, unico esemplare rimasto della specie ormai estinta degli hippies: famiglia che vive in Italia, in un’enclave non meglio precisata, in cui non si cerca di vivere semplicemente – come la maggior parte degli esseri umani – per costruire un mondo di pace e di amore, ma all’insegna di Peace and Love che, detto all’inglese… «suona meglio».
«Suonano» evidentemente meglio alle orecchie postmoderne (che hanno subìto, pure loro, l’ormai arcinota mutazione biologico-cultural-antropologica) tutti i Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Ma anche i metrosessuali – che non sono quelli che si muovono in metropolitana…), che noi sempliciotti ci ostiniamo a vedere come «persone», come individui, e che invece ogni giorno, senza tregua, nei media sono ridotti a «categoria» e neanche se ne accorgono, neanche si ribellano per difendere, oltre che i loro diritti, la loro «unicità». No. Amano il «mucchio».
(Aperta parentesi, su insistenza della puntigliosa, per prevenire coloro che in questo preciso momento pensano che anche i cattolici parlano di sé come «cattolici». Vero. Ma i cattolici non solo hanno la certezza di essere «unici e irripetibili» e che il Signore chiama ciascuno di loro per nome; non hanno la presunzione che la «categoria-cattolici» sia «buona» a priori, «giusta» a priori, «brava» a priori. Consapevoli del peccato originale e della fragilità connaturata alla condizione di creature, pur sentendosi parte del Corpo di Cristo che è la Chiesa sanno di valere infinitamente, agli occhi di Dio, ma di valere «uno», e sanno che ciascuno risponde alla propria coscienza e a Dio per ciò che compie, per come vive. La «persona», per i cattolici, non è riducibile al suo orientamento sessuale, e infatti i cattolici quando parlano, non dicono «noi etero di qua… noi etero di là…». Chiusa parentesi).
Ecco: a differenza di chi, in sé, vede il bene e anche il male, ogni giorno nei media gli Lgbt tutti vengono proposti (imposti?) come indistintamente buoni belli bravi. Dei modelli da imitare. Credete stia esagerando?
Sentite ancora Augias, in risposta alla lettera di Monica Lupato: «Lorenzo Finzi mi scrive: “Penso che il mondo Lgbt debba fare di più per interagire con la società e potrebbe fornire un modello di convivenza pacifica, tollerante, pluralista. Questa è secondo me la ‘cultura’ Lgbt”».
Questa dunque – se qualche ingenuo non l’avesse ancora capito – è la mission della minoranza Lgbt: civilizzarci. «Loro» non si detestano, si amano, vivono all’insegna di Peace and Love, sono pacifici, tolleranti, pluralisti. Tutti gli altri? Ovviamente no (altrimenti, che senso avrebbe che ci fornissero un nuovo modello di convivenza?).
Riepilogando: il tamburellamento quotidiano e ossessivo, che parte dalla scuola materna, sale alla scuola dell’infanzia (con libricini e giochi), passa alla secondaria di primo e di secondo grado con lezioni, letture, giornate, concorsi contro l’omofobia, è entrato nelle conferenze, nelle proposte di legge, nei video-games, nelle canzoni, nei reality, nei reportage, nelle interviste, nelle fiction, nei film, nelle pubblicità, nelle foto di copertina, nel coming out dai sette anni in su, è arrivato a proporsi, oggi, come «nuovo invidiabile modello di società» al… Papa. Fate voi.