I diritti umani capovolti

Autore:
Spinelli, Stefano
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Sulla questione del crocifisso molto è già stato detto (anche su questo sito ed anche prima dell’affondo poi venuto dalla corte europea dei diritti umani).
Vorrei quindi porre l’attenzione su di una questione più generale: il (preteso) nuovo diritto al rispetto delle convinzioni religiose e filosofiche della singola persona, considerato come diritto assoluto ed opponibile a chiunque altro, in modo da limitare e restringere le possibili manifestazioni esteriori della libertà religiosa altrui.
Ancora una volta paiono rovesciati i criteri di giudizio. La nostra costituzione, all’art. 19, tutela il diritto alla libertà religiosa, che implica anche la libertà di fare testimonianza e di manifestare all’esterno, in forma singola o associata, in privato ed anche in ambienti pubblici, la propria fede. Ovvio che detta libertà venga salvaguardata anche attraverso l’utilizzo e l’esposizione di simboli che quella fede rappresentano. La medesima tutela viene peraltro affermata dall’art. 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ed anche dall’art. 9 della stessa Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
La corte europea ha invece statuito che “la presenza del crocifisso può facilmente essere interpretata da alunni di tutte le età come un simbolo religioso ed essi si sentiranno educati in un ambiente scolastico caratterizzato da una data religione. Ciò che può essere incoraggiante per certi alunni religiosi, può turbare sentimentalmente (peut etre perturbant emotionnellement) alunni di altre religioni o chi non professa alcuna religione”. Essa reputa violato proprio l’art. 9 CEDU sulla libertà religiosa, in combinato disposto con l’art. 2 del Protocollo 1 della CEDU, sul diritto all’istruzione, per il quale “lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”. La sentenza continua poi sostenendo che “l’esposizione di uno o più simboli religiosi non può giustificarsi neppure su domanda di altri genitori che sperano in una educazione religiosa conforme alle loro convinzioni… Il rispetto delle convinzioni dei genitori in materia d’educazione deve tener conto del rispetto delle convinzioni degli altri genitori. Lo Stato è tenuto alla neutralità confessionale nell’ambito dell’educazione pubblica… la quale deve cercare di inculcare agli alunni un pensiero critico (inculquer aux élèves une pensée critique)”.
Come si vede, la corte europea fonda il proprio convincimento sul concetto di rispetto, ma diverso da quello comunemente inteso; non rispetto di una libertà religiosa comune a tutti ed affermata al fine di rendere possibile quella altrui; bensì di una singola libertà religiosa, affermata come personale ed assoluta, la cui salvaguardia diventa capace di negare o limitare quella altrui.
Si capovolge la natura stessa dei diritti umani. Di solito questi vengono espressi in positivo in modo che – riconosciuti a tutti – questi siano poi esistenti anche per ciascuna singola persona. Qui invece si parte dal diritto riconosciuto al singolo, per negare quello di tutti gli altri, in virtù di un (anch’esso preteso) principio di neutralità.
Vi è quindi l’accoglimento di un diverso criterio di libertà religiosa: non più apertura ad ogni manifestazione religiosa esterna, anche in pubblico e con l’utilizzo dei propri simboli, ciascuna secondo la vivacità culturale e la presenza sul territorio che la caratterizza; bensì chiusura rispetto ad ogni presenza religiosa esterna, anche simbolica, per non “turbare sentimentalmente” la religione interna di ciascuno (è questa, ad esempio, la deriva culturale di diversi ordinamenti, tra cui quello francese, ove si tende a proibire ogni simbolo religioso).
Mentre la prima impostazione è inclusiva, parte cioè dall’accoglienza altrui e rispetta la libertà religiosa assicurandola a tutti, la seconda è esclusiva e per affermarsi chiede un rispetto assoluto della propria singolarità. Ma dove porta questa forma di neutralità? La sua affermazione nell’ordinamento ha potenzialità dirompenti: si è partiti dall’educazione, ma si pensi ad una processione su una pubblica via o una piazza, che potrebbe “turbare” un singolo passante e la sua particolare coscienza di fede o filosofica; si pensi ad una messa pubblica (anche quelle di inizio o fine anno scolastico, già si trovano impedimenti burocratici per limitarle); si pensi alla partecipazione delle istituzioni a celebrazioni religiose (si dovrebbe impedire che i sindaci con la fascia tricolore possano parteciparvi); si pensi al segno della croce dello sportivo al traguardo, ripreso dalla televisione pubblica (si dovrebbe emanare un regolamento per sanzionare chi lo faccia); e quanti altri esempi si possono fare?
Ecco il punto. Sotto un falso concetto di rispetto umano viene ricondotto il tentativo di sopprimere definitivamente ogni dimensione religiosa nell’uomo.
Dietro una facciata di crescita democratica si nasconde un pericoloso cedere ad altri (al preteso custode del cd. pensiero critico) il criterio di giudizio della nostra vita.

Avv. Stefano Spinelli
Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Sezione di Forlì Cesena