2024 08 21 RAPPORTO NICARAGUA
RAPPORTO NICARAGUA: in sei anni 870 attacchi alla Chiesa perseguitataNIGERIA - Preoccupazione per la sorte dei 20 studenti di medicina cristiani rapiti il 15 agosto
CINA - Gao Zhisheng, l’appello della moglie a sette anni dalla scomparsa: ‘ditemi se è vivo!’
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NICARAGUA - Ultime notizie
NICARAGUA - il governo cancella 1.500 organizzazioni non governative
La gazzetta ufficiale del Paese riporta la decisione annunciata nei giorni scorsi dalla vice presidente Rosario Murillo. I beni delle ong, per la maggior parte religiose, verranno ora trasferiti allo Stato. D’ora in poi le organizzazioni saranno obbligate ad una “alleanza” con le istituzioni pubbliche
Il governo del Nicaragua ha cancellato lo status giuridico di 1.500 organizzazioni non governative presenti nel Paese, trasferendo i loro beni allo Stato. La decisione, approvata dal Ministro degli Interni María Amelia Coronel, e pubblicata su La Gaceta, la gazzetta ufficiale del Nicaragua, nasce, così come indicato, dall’inadempimento da parte delle ong di alcuni obblighi, come quello di presentare, “per periodi compresi tra uno e 35 anni i loro bilanci secondo i periodi fiscali, con una ripartizione dettagliata delle entrate e delle uscite, il bilancio dei pagamenti, i dettagli delle donazioni e i loro consigli di amministrazione”. Le organizzazioni, riportano alcuni siti indipendenti quali 100%Noticias e La Prensa, che non hanno ricevuto alcun preavviso, sono accusate dal governo di aver ostacolato il controllo del Ministero dell’Interno. Secondo l’accordo in atto fino a questo momento, ora la Procura generale sarà responsabile del trasferimento dei beni mobili e immobili a nome dello Stato del Nicaragua.
Le ong obbligate a collaborare con lo Stato
Questa massiccia chiusura, sottolineano ancora le fonti giornalistiche, segue l’annuncio della vice presidente Rosario Murillo di “un nuovo modello di alleanze tra Ong e governo”, laddove le organizzazioni ora, per poter realizzare i loro progetti, sono “obbligate a presentare programmi o progetti e a collaborare con le istituzioni statali”. Sono state inoltre eliminate le esenzioni. La maggior parte delle ong chiuse fa capo a comunità evangeliche, tra quelle cattoliche figura, tra le altre, la Caritas diocesana di Granada. Nell’elenco compaiono anche enti di beneficenza, associazioni sportive e indigene. Con questa ultima azione, senza precedenti poiché per la prima volta con un unico atto vengono messe fuori legge 1.500 organizzazioni, le ong sciolte dal 2018, inizio delle proteste popolari, sono state oltre 5.200. (Vatican News 20 agosto 2024)
NICARAGUA - espulsi e inviati a Roma altri due sacerdoti
Balmaceda e Martínez, rispettivamente della diocesi di Estelí e di quella di Matagalpa, erano stati arrestati nei giorni scorsi. Secondo media indipendenti, dal 2018 sono stati 245 i religiosi espulsi dalle autorità di Managua
Leonel Balmaceda e Denis Martínez, i due sacerdoti arrestati in Nicaragua il 10 e l’11 agosto, sono stati espulsi dal governo e inviati a Roma. Il primo, parroco della chiesa di Jesús de Caridad di La Trinidad, è della diocesi di Estelí, il secondo, formatore presso il seminario interdiocesano Nuestra Señora de Fátima a Managua, del clero della Diocesi di Matagalpa, entrambe amministrate dal vescovo Rolando Álvarez, accolto a Roma lo scorso gennaio. A denunciare l’espulsione sono stati i difensori dei diritti umani e i media indipendenti, come i siti La Prensa e 100% Noticias i quali informano anche che Danny García, parroco della chiesa di San Juan Bautista a Matagalpa, sarebbe stato “liberato” dopo la notizia del suo arresto da parte della polizia nicaraguense, il 15 agosto scorso, e avrebbe già lasciato il Nicaragua.
(Vatican News 19 agosto 2024)
RAPPORTO
Nicaragua: in sei anni 870 attacchi alla Chiesa perseguitata
L’avvocata e attivista Martha Patricia Molina, dagli Stati Uniti dove è esiliata, continua a raccogliere dati dei soprusi compiuti dal regime Ortega e Murillo contro sacerdoti, religiosi, attività caritative
Una persecuzione asfissiante, continua, senza tregua. Se si poteva pensare che, dopo la “deportazione” della spina nel fianco del regime, il vescovo Rolando Álvarez, il presidente Daniel Ortega e la vicepresidente “consorte” Rosario Murillo allentassero la presa nei confronti della Chiesa cattolica del Nicaragua, i fatti dicono che ciò non è avvenuto e, in particolare, aumenta il numero di sacerdoti e religiosi che non vivono più nel loro Paese, perché esiliati a forza oppure per loro libera scelta. Si tratta di 245 persone, tra vescovi, sacerdoti, diaconi, seminaristi e religiose.
A confermarlo, i numeri raccolti nella nuova edizione, la quinta, del rapporto “Nicaragua Chiesa perseguitata”, presentata lo scorso 15 agosto dall’avvocata e attivista Martha Patricia Molina, che dagli Stati Uniti, dove vive in esilio, mantiene una stretta e riservata rete di comunicazione con il Paese d’origine. Il rapporto enumera ben 870 attacchi alla Chiesa cattolica nicaraguense, nelle sue diverse espressioni, tra aprile 2018, quando iniziarono le manifestazioni popolari contro il Governo di Ortega, poi duramente represse, all’inizio di luglio 2024.
Si tratta di fatti elencati a uno a uno e verificati dall’autrice, suddivisi per diverse categorie.
313 sono gli impedimenti e le minacce a sacerdoti e religiosi, compresi gli arresti, i processi e le deportazioni; 219 gli attacchi, gli “assedi”, i divieti che hanno avuto per oggetto chiese e strutture religiose; 95 i furti e le profanazioni; 91 gli episodi di minaccia e repressione contro fedeli laici; 86 le scritte e i messaggi di odio; 47 le chiusure di mass media o di progetti e opere di carità, con ben 14 Congregazioni religiose che hanno dovuto cessare le proprie attività nel Paese; 19 le confische riguardanti proprietà legate alla Chiesa. Senza contare le 9.688 processioni in spazi pubblici proibite dalla polizia, per esempio durante la Settimana Santa. A volte, i riti si sono svolti all’interno delle chiese, molte altre volte sono stati cancellati.
L’autrice fa presente che, dato il clima di terrore che aleggia nel Paese, sicuramente ci sono stati ulteriori episodi che non sono stati denunciati e segnalati.
Nel 2024 già 92 atti di ostilità in poco più di sei mesi.
L’anno con il maggior numero di attacchi alla Chiesa è stato il 2023, con 307 attacchi, seguito dal 2022, con 171, e dal 2018, con 92. Nei primi sei mesi, e poco più, del 2024, gli attacchi sono stati già 92, considerando che nei numeri non è inclusa l’escalation impressionante delle ultime settimane. Fa notare Molina: “La cifra relativa al 2024 è approssimativa, perché ci sono state aggressioni che, per la loro natura (rapine, profanazioni, minacce di morte, spintoni, tra le altre), non sono state denunciate dai sacerdoti, perché la Chiesa in Nicaragua vive attualmente in un silenzio imposto nella speranza che la dittatura sandinista cessi completamente la persecuzione o cambi il suo atteggiamento aggressivo. Tuttavia, le prove dimostrano che, anche se si evita di denunciare le violazioni dei diritti di libertà religiosa, gli attacchi continuano a essere commessi”.
Il rapporto suddivide gli episodi di ostilità anche a livello territoriale, registrando che 294 sono avvenuti nel territorio dell’arcidiocesi di Managua e 162 nella diocesi di Matagalpa, guidata da mons. Alvarez. 162 riguardano la Chiesa nicaraguense nel suo complesso, 72 la diocesi di Estelí, 67 quella di Granada e 56 quella di León. Tra le già citate 245 persone religiose esiliate, oltre al nunzio apostolico, ci sono 3 vescovi nicaraguensi, 136 sacerdoti, 3 diaconi, 11 seminaristi e 91 religiose. Negli ultimi due anni si è assistito a un crescendo di religiosi espulsi, esiliati o deportati; erano poche unità fino al 2021, sono stati 24 nel 2022, 64 nel 2023 e nel 2024 si è già arrivati a 50.
A Matagalpa “resistono” 13 sacerdoti, erano 71. Durante l’incontro di presentazione, non è mancata un’appendice che si prolunga all’attualità, dato che il mese di agosto 2024 ha conosciuto un nuovo crescendo di persecuzioni.
Tra il 26 luglio e il 2 agosto sono stati “sequestrati” 12 sacerdoti; il 7 agosto 7 sacerdoti sono stati esiliati in Vaticano; tra il 10 e l’11 agosto 2 sacerdoti sono stati detenuti arbitrariamente; 13 cattolici laici sono stati sequestrati e incarcerati. Il 12 agosto il ministero dell’Interno ha annullato lo status giuridico dell’Associazione Caritas diocesana di Matagalpa e di altre 6 organizzazioni religiose di confessione evangelica. Molina manifesta una particolare preoccupazione per la diocesi di Matagalpa, il cui vescovo, ufficialmente, è ancora mons. Álvarez.
Una vera e propria “ossessione”, per il regime di Ortega, se si pensa che “il clero di Matagalpa era composto, prima dell’inizio della persecuzione, da 71 sacerdoti diocesani e religiosi. Attualmente, 13 sacerdoti sono presenti a Matagalpa, gli altri sono stati esiliati e sono affiancati da 9 religiosi per assistere 615.685 fedeli battezzati, distribuiti su 6.804 chilometri quadrati”. Dichiarazioni rilasciate da Molina prima di un ulteriore arresto, avvenuto sempre il 15 agosto, del giovane padre Danny García, sempre di Matagalpa.
“Alcuni vescovi stanno pensando di inviare in missione dei sacerdoti nella diocesi di Matagalpa, ma gli interessati hanno paura di accettare tale servizio, perché sono nel mirino della polizia e della dittatura di Ortega Murillo e potrebbero essere arrestati solo per aver sostenuto questa diocesi”, ha aggiunto Molina durante l’incontro di presentazione.
Sempre più, quella nicaraguense appare come una Chiesa del silenzio, nonostante gli appelli internazionali, come quello, ultimo in ordine di tempo, della Commissione interamericana per i diritti umani. La ricercatrice mantiene anche un atteggiamento critico e di sofferenza verso il silenzio “scelto” da vaste parti della gerarchia ecclesiale del Paese. La denuncia audace e il silenzio per evitare “mali maggiori” sono, del resto, le due opzioni alternative rispetto alle quali una Chiesa perseguitata si trova inevitabilmente a scegliere, come si è visto storicamente anche in altri contesti. Ed è sempre una scelta lacerante. Piccoli segni di speranza, arrivano dall’arcidiocesi di Managua e dalla diocesi di León.
L’arcivescovo di Managua, il card. Leopoldo Brenes, ha ordinato venerdì 16 agosto 16 nuovi sacerdoti, che hanno frequentato i seminari La Purísima e Redentoris Mater “Nuestra Señora de Guadalupe”, quest’ultimo corrispondente al Cammino neocatecumenale. Il giorno prima, giovedì 15 agosto, il vescovo di León, mons. Sócrate René Sándigo Jirón, ha ordinato otto nuovi sacerdoti.
(19 Agosto 2024 di Bruno Desidera giornalista de “La vita del popolo” SIR 19 agosto 2024)
NIGERIA - Preoccupazione per la sorte dei 20 studenti di medicina cristiani rapiti il 15 agosto
Non si hanno ancora notizie dei 20 studenti di medicina rapiti il 15 agosto nello Stato di Benue, nel centro est della Nigeria. Gli studenti si stavano recando al congresso nazionale annuale della Federazione degli studenti cattolici di medicina e odontoiatria (Federation of Catholic Medical and Dental Students FECAMDS), quando sono stati intercettati sulla strada da alcuni banditi armati.
La notizia del rapimento è stata data dalla FECAMDS in un comunicato firmato dal presidente nazionale Ige Gabriel Ariyo e dalla segretaria generale nazionale, Mary Rose Malomo.
“Il 15 agosto 2024, verso le 17, 20 dei nostri membri sono stati rapiti mentre si recavano alla nostra convention nazionale annuale tenutasi a Enugu, nello Stato di Enugu in Nigeria, nei pressi di Otukpo nello stato di Benue” recita il comunicato
Gli studenti, 12 dell’Università di Maiduguri e 8 dell’Università di Jos, sono stati rapiti mentre viaggiavano insieme. Maiduguri è la capitale dello Stato di Borno, il luogo di nascita del gruppo jihadista Boko Haram, mentre Jos è la capitale di quello di Plateau, caratterizzato da scontri tra popolazioni sedentarie e nomadi. Secondo alcune fonti riportate dalla stampa nigeriana sarebbe stato un gruppo di pastori Fulani ad avere rapito i 20 studenti. Lo scorso luglio era stato rapito il rettore del Politecnico dello Stato di Benue, insieme ad alcuni suoi collaboratori. La piaga dei rapimenti a scopo di estorsione in Nigeria è ormai endemica. I sequestri di massa di studenti e insegnanti permettono ai rapitori di ottenere riscatti più consistenti anche per l’allarme che suscitano nell’opinione pubblica.
(L.M.) (Agenzia Fides 20/8/2024)
CINA - Gao Zhisheng, l’appello della moglie a sette anni dalla scomparsa: ‘ditemi se è vivo!’
Sui social Geng He si rivolge al governo degli Stati Uniti e alla comunità internazionale per avere notizie dell’avvocato e attivista cristiano. La donna non chiede il rilascio, ma chiede a Pechino notizie certe sulla sua sorte. Cinque membri della Shengjia Church a Shunde a processo con accuse pretestuose di “operazioni commerciali illegali”, reato generico usato per perseguitare i fedeli.
“Mio marito, Zhisheng Gao, è scomparso in Cina da sette anni. Oggi mi appello ancora una volta al regime comunista cinese. Non vi chiedo di rilasciarlo, né mi aspetto che lo riportiate in libertà, ma spero solo che mi diciate se è ancora vivo o no”. Sono le parole, rilanciate su X (ex Twitter) in queste ore da Geng He, moglie dell’avvocato cristiano nelle mani della polizia cinese e la cui sorte è ad oggi ignota e non si hanno notizie. Proprio ieri, infatti, ricorreva il settimo anniversario dalla sparizione e, per questo, la donna ha voluto lanciare un appello indirizzato anche a governi occidentali e organizzazioni attiviste: “Imploro - ha proseguito nella nota, accompagnata da un video - anche il governo degli Stati Uniti, la comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani di aiutarci a trovare Zhisheng Gao!”.
Raccogliendo le parole della moglie, in queste ore oltre 140 organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra cui ChinaAid, si sono unite per firmare una dichiarazione diretta al Partito Comunista Cinese: la richiesta è di avere informazioni ufficiali, e certe, circa la sorte di Gao Zhisheng e dove si trovi al momento rinchiuso. Un appello rilanciato durante la manifestazione di protesta davanti al consolato cinese a Los Angeles, negli Stati Uniti, che si è tenuto nella serata di ieri cui hanno aderito diverse persone.
Vittima più ‘celebre’ di sparizioni forzate
Gao Zhisheng proviene da una famiglia povera. Suo padre è morto quando aveva 11 anni, lasciando la famiglia in condizioni di difficoltà. All’età di 16 anni è stato ammesso a una scuola media della contea, ma a causa della povertà della famiglia ha dovuto interrompere gli studi e a tornare a casa per lavorare nell’agricoltura. Egli trascorre due anni a scavare carbone in una miniera, senza ricevere alcun salario. Per guadagnarsi da vivere a 21 anni si arruola nell’esercito dove incontra la futura moglie Geng He, con la quale si sposa nel 1990. Lasciato l’esercito, Gao resta a lavorare nello Xinjiang, vendendo verdure e frutta sulla strada per mantenersi.
Di fronte ad abusi e violazioni di cui è testimone, egli decide di intraprendere gli studi di avvocato e, da auto-didatta, supera nel 1995 l’esame di abilitazione alla professione forense e l’anno successivo ha iniziato a praticare l’avvocatura a Urumqi, all’età di 32 anni. I primi lavori riguardano l’assistenza legale di gruppi di vulnerabili, un lavoro importante e apprezzato che lo porta a diventare nel 2001 fra i “Dieci avvocati di spicco” del Paese su nomina del ministero cinese della Giustizia. Egli è stato uno dei primi avvocati per i diritti umani a emergere al grande pubblico all’inizio degli anni Duemila ed è stato un leader importante nel movimento di difesa dei diritti in Cina. Si è occupato di casi di lavoratori migranti e ha difeso persone perseguitate dalle autorità comuniste per la loro fede, compresi i cristiani.
Nel 2006 è stato condannato una prima volta a tre anni per “incitamento alla sovversione del potere statale”. Rilasciato sulla parola, tra il 2007 e il 2011 è stato ripetutamente fatto sparire con la forza e torturato dalla polizia. La sua vicenda è fra i casi più celebri e documentati di sparizione forzata e prolungata, in cui il governo cinese viola apertamente il diritto internazionale. Da sette anni la moglie Geng He lancia appelli al governo cinese affinché fornisca informazioni sulla sorte di Gao. La sua richiesta è molto semplice: sapere dove si trova suo marito. Tuttavia, Pechino non ha mai fornito alcuna informazione, nemmeno le notizie basilari come il luogo in cui è detenuto.
Cristiani alla sbarra
Intanto non si fermano arresti e processi di cristiani in Cina, la cui “colpa” agli occhi delle autorità è quella di praticare la fede. Nei giorni scorsi si è aperto il processo nei confronti di cinque membri della Shengjia Church a Shunde, nella provincia del Guangdong. Essi sono Deng Yanxiang, Wang Weicai, Zhu Longjiang, Zhu Qiaoling e Zhu Longfei e devono rispondere dell’accusa di “operazioni commerciali illegali”. La Chiesa di Shengjia è una chiesa domestica che non ha aderito alla Three-Self Church, approvata dal governo. Il 24 maggio 2023 è stata oggetto di un’incursione da parte di diversi dipartimenti tra cui l’ufficio di Pubblica sicurezza, l’ufficio Affari religiosi, il dipartimento dell’Istruzione e il dipartimento dell’Industria e del commercio. Il pastore Deng Yanxiang e gli altri membri della comunità sono stati arrestati dalla polizia di Shunde perché sospettati di operazioni commerciali illegali. Anche due luoghi di studio della Bibbia sono stati perquisiti da oltre un centinaio di membri del personale e sono stati confiscati libri e materiale religioso.
Il 9 agosto dello stesso anno, l’anziano Zhu Longfei è stato convocato dalla polizia di Shunde e arrestato per sospetta attività commerciale illegale. Secondo quanto riferito, le cosiddette operazioni sotto la lente della magistratura si riferiscono in realtà “alla stampa di alcuni materiali di studio della Bibbia per uso interno, senza alcuna attività a scopo di lucro”. La Chiesa è stata oggetto di pesanti persecuzioni che hanno causato profonde sofferenze ai suoi membri e ai loro familiari. Dopo l’arresto dei cinque cristiani, le loro famiglie e diversi membri della chiesa hanno lanciato un appello pubblico a loro favore, affermando che sono persone oneste e non hanno commesso alcun crimine, per questo vanno rilasciati riconoscendone l’innocenza. In tribunale l’avvocato ha perorato la loro causa proclamandone l’innocenza e definendo le accuse “generiche e completamente infondate” per mancanza di “profitto”, ma non è bastato e i cinque restano in carcere.
(Asia News 15/08/2024)