2024 05 01 Non dimentichiamo i nostri fratelli perseguitati

SUDAFRICA - Assassinato padre Paul Tatu, religioso stimmatino del Lesotho
PER NON DIMENTICARE: SIRIA Oltre 0,5 milioni di vite perse in 13 anni di conflitto in Siria
Fonte:
CulturaCattolica.it
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SUDAFRICA - Assassinato padre Paul Tatu, religioso stimmatino del Lesotho

Padre Paul Tatu, religioso stimmatino (Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo), della Provincia Most Holy Redeemer, è stato assassinato a Pretoria lo scorso 27 aprile.
“Siamo stati informati in modo impreciso. Non sappiamo ancora bene la dinamica dei fatti. Padre Paul si è trovato ad assistere casualmente ad un femminicidio” racconta all’Agenzia Fides padre Gianni Piccolboni, 76 anni, missionario stimmatino, in Sudafrica per oltre 30 anni, tra i tanti ruoli ricoperti all’interno della Congregazione anche quello di Superiore Provinciale. “L’assassino” aggiunge padre Gianni “avrebbe obbligato il nostro confratello a salire in macchina, dove gli avrebbero sparato un colpo alla nuca per eliminare la sua testimonianza”.
Padre Paul, 45 anni, era originario del Lesotho, aveva svolto un servizio presso l’ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale e stava ultimando anche corsi di giornalismo presso l’Università. “Preghiamo per lui e per i missionari stimmatini provati da un così grande dolore” conclude padre Piccolboni.

La Conferenza dei Vescovi cattolici dell’Africa meridionale (SACBC) ha espresso il proprio cordoglio per la “tragica notizia della scomparsa” di padre Paul Tatu. Nella dichiarazione, firmata dal Vescovo Sithembele Sipuka, Presidente della Conferenza episcopale, si ricorda che il religioso stimmatino ucciso aveva “lavorato per diversi anni come responsabile dei media e delle comunicazioni della SACBC con dedizione”- I vescovi cattolici della SACBC sottolineano che l’assassinio di padre Tatu “non è un incidente isolato, ma piuttosto un esempio angosciante del deterioramento della sicurezza e della moralità in Sudafrica”.

La presenza stimmatina in Sud Africa risale al 9 novembre 1960 quando arrivarono i primi Stimmatini: padre Lino Inama, padre Dario Weger, padre Primo Carnovali e fra Giuseppe Modena. Dopo una esperienza di Vice-Provincia durata una ventina d’anni, fu eretta Provincia il 25 settembre 2014. Il suo nome “Most Holy Redeemer” (Santissimo Redentore) viene dal titolo della chiesa di Mmakau dove nel 1960 i confratelli avevano iniziato il loro lavoro apostolico. Ora la Provincia ha comunità in varie nazioni dell’Africa australe: Sud Africa, Lesotho, Botswana, Malawi e Tanzania. (EG) (Agenzia Fides 30/4/2024)


PER NON DIMENTICARE: SIRIA

Oltre 0,5 milioni di vite perse in 13 anni di conflitto in Siria

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, più di 507.000 persone sono state uccise nella guerra civile in corso in Siria, che è al suo 13° anno, e che ha portato allo sfollamento di milioni di persone all’interno e all’esterno del paese.

Le proteste sono iniziate il 15 marzo 2011 in diverse zone della Siria e sono state represse con violenza e forza da parte delle autorità. La situazione si è trasformata rapidamente in un conflitto distruttivo, esacerbato dall’ascesa di gruppi militanti e dal coinvolgimento di diversi soggetti esterni.

L’Osservatorio per i diritti umani ha affermato che il bilancio delle vittime civili durante il conflitto ha superato le 164.000 unità, tra cui più di 15.000 donne e 25.000 bambini. Si calcola che siano stati uccisi più di 343.000 combattenti, inclusi membri dell’esercito siriano, individui di gruppi fedeli all’Iran, combattenti curdi, combattenti delle fazioni dell’opposizione e altri definiti “jihadisti”.

Nonostante la progressiva riconquista dei territori da parte delle forze governative, con l’aiuto di Russia e Iran, vaste aree nel nord e nel nord-ovest del Paese restano fuori dal controllo del regime di Assad.
(15 marzo 2024 ripreso da Asia News)
SIRIA - L’Œuvre d’Orient: inaccettabile che il Paese sia stato dimenticato
Nella nazione mediorientale la situazione è drammatica dopo anni di guerra e l’ombra del terrorismo del sedicente Stato Islamico. La popolazione vive tra macerie e povertà, ignorata dalla comunità internazionale, mentre sempre più giovani emigrano. Vincent Gélot, responsabile regionale di L’Œuvre d’Orient: quello che sta succedendo è una macchia nera sulla nostra umanità; in questa terra dobbiamo ricostruire i cuori

“Non dimentichiamo la Siria, un Paese che da molto tempo soffre tanto la guerra”: sono le parole di Papa Francesco al termine della preghiera dell’Angelus di domenica 17 marzo. Da quasi tredici anni la Siria continua a sprofondare nella povertà, ma anche nell’indifferenza della comunità internazionale. A partire dal 2011 e dalla Primavera Araba, il Paese ha vissuto la repressione da parte delle forze governative, una terribile guerra civile poi il terrorismo del Daesh sul suo territorio, a cui si è aggiunto il terribile terremoto del febbraio 2023. Il Paese, governato con il pugno di ferro dal presidente Bashar al-Assad, nel corso degli anni, è stato aspramente ostracizzato dalla comunità internazionale. Ma le sanzioni economiche contro Damasco, imposte dagli Stati occidentali, non hanno fatto altro che rafforzare la povertà nella nazione, che sta anche affrontando un massiccio esodo di giovani.

Un Paese devastato e distrutto
Oggi i siriani sono esausti e provano l’amara sensazione di essere stati dimenticati. È quanto spiega ai media vaticani Vincent Gélot, direttore de “L’Œuvre d’Orient Libano-Siria” - organismo che aiuta da più di 160 anni i cristiani dei Paesi mediorientali - di ritorno da una recente missione nel Paese. “La situazione in Siria - racconta - è assolutamente catastrofica e inaccettabile. Ci vado regolarmente da otto anni, e la realtà lì provoca un sentimento di tristezza, di ingiustizia e di rivolta, perché è un Paese devastato, materialmente distrutto. Attraversiamo intere metropoli ridotte al nulla: Raqqa, Deir Ezzor, Aleppo, Homs. È un Paese dove non c’è ricostruzione, anche se i combattimenti in alcune zone sono finiti dieci anni fa, come ad esempio a Homs. E la popolazione si trova in mezzo a un campo di rovine. Il 95% dei siriani oggi vive al di sotto della soglia di povertà. Gran parte della popolazione è rifugiata fuori dai confini della nazione, un’altra parte è sfollata all’interno. La Siria - ricorda Gélot - vive anche sotto le sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e le persone sono governate da una dittatura. Vivono schiacciati da questo peso e sono completamente dimenticati dalle loro autorità e dalla comunità internazionale”.

La missione di L’Œuvre d’Orient
Il direttore di L’Œuvre d’Orient Libano-Siria riferisce che “in questo panorama, i cristiani, come altri, hanno sofferto a causa di questa guerra” e che “la minoranza cristiana - perché qui parliamo proprio di minoranza – si è ridotta a zero”, e ritiene “che il processo vitale della comunità cristiana sia in pericolo per i decenni a venire”, cosa che “preoccupa enormemente”. “Siamo feriti perché la Siria è la terra di San Paolo, è Damasco, è una terra di incarnazione. Anche perché - sostiene Gélot - i cristiani hanno un ruolo essenziale in questo Paese, anche per le altre comunità. E crediamo inoltre, anche se il loro numero è diminuito drasticamente, che oggi abbiano, paradossalmente, un ruolo ancora più importante da svolgere, un ruolo di apertura, un ruolo di ricostruzione, non solo materiale, ma pure nell’ambito della riconciliazione”. “Dobbiamo ricostruire i cuori dopo questa guerra fratricida che ha colpito la Siria. Lo vediamo concretamente, noi dell’Œuvre d’Orient, nei progetti che sosteniamo, sia negli interventi del JRS (Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati) in alcuni quartieri di Aleppo, che hanno permesso, non solo di fornire aiuti umanitari forniti, ma anche di ricreare ponti tra persone che si trovavano su entrambi i lati della linea del fronte. Lo vediamo anche nel lavoro delle piccole suore dei Sacri Cuori impegnate nei quartieri della Ghouta Est, a Damasco, quartieri pure molto danneggiati dalla guerra, dove si stanno facendo cose magnifiche. Ammiro davvero tutti i giovani siriani cresciuti durante la guerra in condizioni spaventose”.

Oggi dobbiamo cambiare lo sguardo nei confronti della Siria e dei siriani?
Penso che in questa storia abbiamo dimenticato la popolazione. Abbiamo pensato molto alla politica, al governo e non alle persone che sono in mezzo a tutto questo e che soffrono questa situazione. Per quanto riguarda le sanzioni internazionali, chiediamo - e non siamo gli unici - che venga rivalutata la rilevanza delle sanzioni contro la Siria. Perché vediamo chiaramente che queste sanzioni, anche se ci viene detto che sono mirate, hanno un impatto indiretto sulla popolazione. In ogni città della Siria si vede carenza di pane, gas, olio combustibile; le persone sono costrette a fare la fila per accedere a questi beni. Anche se la causa di questa povertà non deriva solo dalle sanzioni, vediamo chiaramente che la storia recente dimostra che le sanzioni contro i Paesi non funzionano: lo abbiamo visto con Cuba, lo abbiamo visto con l’Iraq sotto Saddam Hussein, lo abbiamo visto con l’Iran, non funziona e danneggia le popolazioni. Vediamo anche che la Siria, per ragioni politiche, è volontariamente esclusa dagli aiuti umanitari e dalla ricostruzione. La maggior parte delle Nazioni non vuole sentir parlare di ricostruzione o di sviluppo della Siria, il che è assolutamente inaccettabile e ingiusto per la popolazione. Recentemente abbiamo visto i fondi stanziati in occasione del terremoto che ha colpito la Turchia ma anche la Siria. Abbiamo visto “doppi standard” per ragioni puramente politiche. Una persona vulnerabile dal punto di vista umanitario, sia che si trovi da una parte o dall’altra del confine, è la stessa persona. Il silenzio che è calato intorno alla Siria è inaccettabile, quello che sta succedendo è una vera macchia nera sulla nostra umanità, sulla nostra storia.

Cosa vi dicono degli occidentali i siriani, cristiani e non, che incontrate?
I cristiani di Siria, ma anche i siriani in generale, provano un enorme sentimento di abbandono e di oblio. E la cosa terribile è che oggi i loro sguardi sono rivolti verso l’esterno. Vediamo che non hanno luce alla fine della strada. Non hanno nulla: non possono attaccarsi al loro Stato, né ad alcun partito politico. Certamente hanno la Chiesa, ma gli anni di guerre che hanno colpito il Vicino e Medio Oriente dall’inizio della Primavera Araba hanno destabilizzato le Chiese orientali locali. C’è una mancanza di visione anche tra queste Chiese, loro stesse non sanno più cosa fare per trattenere tutti questi giovani in partenza, né cosa offrire loro. Ecco perché noi dell’Œuvre d’Orient ci battiamo perché siano ripensati, in un certo senso, il ruolo e la missione di queste comunità cristiane in Medio Oriente, che sono state scombussolate dopo l’ultima esortazione apostolica di Benedetto XVI sul Medio Oriente”. (Olivier Bonnel – Beirut RV 22 marzo 2024)

SIRIA - il cardinale Zenari: “Il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà”
Il nunzio apostolico a Damasco: “La Chiesa distribuisce al meglio gli aiuti che arrivano, ma purtroppo sono sempre meno. Occorre una soluzione politica”. La gratitudine alle tante persone che si prodigano per aiutare, anche di altre religioni: “In centinaia hanno perso la vita”

Una Chiesa in cammino, capace di sconfinare per aprire porte di accoglienza e offrire spazi nuovi, in cui sperimentare altre modalità di essere e di vivere. Questi i temi al centro della terza giornata del 44.mo Convegno delle Caritas diocesane organizzato a Grado, in provincia di Gorizia. Un appuntamento in cui le sale del Palazzo dei Congressi gradese hanno ospitato una serie di assemblee tematiche a cui hanno partecipato diversi ospiti. Tra questi, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, che ha raccontato la difficile situazione che sta vivendo la popolazione siriana martoriata dalla guerra.

La situazione in Siria
Zenari ha raccontato la situazione attuale nel Paese mediorientale: “Purtroppo, secondo le statistiche fornite dall’Onu, le cose vanno male e sono destinate ad andare sempre peggio. È cresciuto il numero di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria, circa il 9% in più rispetto all’anno scorso: si parla di tre quarti della popolazione siriana che vive in questo stato di bisogno e le cifre dicono 16,7 milioni. Sono cifre da capogiro. Poi c’è la questione del rientro degli sfollati e dei rifugiati, che rimane un problema gravissimo e irrisolto: per quanto riguarda i rifugiati, sappiamo che il Libano non può più sopportare la presenza di tanti di loro, però ancora non ci sono le condizioni per trasferirli altrove. Inoltre, il 90% della popolazione è ridotta a vivere sotto la soglia della povertà. Questa è la situazione. Io sono qui per parlare della Siria, anche per ricevere qualche aiuto, ma la povertà del Paese non si può risolvere con le elemosine: occorre una soluzione politica che purtroppo, a detta degli analisti, è ancora lontana”.

Il ruolo della Chiesa
In questo contesto la Chiesa si impegna a dare il suo contributo, organizzandosi per “spartire in maniera fraterna quei 5 pani e due pesci a quasi 17 milioni di persone”, spiega il cardinale Zenari. “Non possiamo risolvere da soli il problema della povertà, ma almeno dividere al meglio questi aiuti che arrivano e che purtroppo sono sempre meno, anche a causa dei conflitti in Medio Oriente e in Ucraina”. Ma, nonostante le tante difficoltà, non mancano esempi di speranza: “In mezzo a questo grigiore e alla mancanza di fiducia, emergono comunque storie di altruismo. Ci sono tanti buoni samaritani, tante buone veroniche che asciugano le lacrime di questa gente. Non solo cristiani, ma di tutte le religioni o, a volte, di nessuna religione. Tante persone si prodigano per aiutare, centinaia di loro hanno perso la vita”. La speranza di pace, secondo Zenari, deve passare necessariamente dall’Europa: “Tanti mi chiedono come possiamo aiutare la Siria, io credo che le prossime elezioni europee saranno un appuntamento decisivo: è necessario scegliere persone che possano dare una svolta politica a quello che sta succedendo nel mondo”.
(RV 10 aprile 2024 Gianmarco Murroni)